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Trump: l'odio salverà il mondo
La cosa più singolare della serie di eventi che hanno portato al processo e alla condanna di Trump per aver usato denaro della sua campagna elettorale del 2016 per tacitare Stormy Daniels, l’attrice porno con la quale si era divertito un po’ – utilizzo illecito di fondi che non potevano essere destinati a uno scopo privato, insomma – è che Donald Trump non aveva bisogno di pagare nessuno. L’ha fatto in un momento in cui temeva – o forse erano i suoi avvocati a temerlo più di lui – che lo scandalo di avere avuto una relazione con una “pornostar” (termine quanto mai improprio; le pornostar sono roba degli anni Settanta, oggi sono fungibili come un video su TikTok) potesse metterlo in cattiva luce con il suo elettorato. Il timore, come poi si è visto, non aveva ragione di essere. Anzi, se Stormy Daniels non avesse ricevuto un centesimo da Trump e si fosse messa a fare chiasso, l’unica a far brutta figura sarebbe stata lei, e lui avrebbe preso ancora più voti.
A quanto pare, già nelle ventiquattro ore successive al verdetto, Trump ha raccolto circa 35 milioni di dollari (48 ore dopo saliti a 53 milioni, dicono), surclassando Biden ancora di più di quanto non abbia fatto nell’ultimo mese. Ma già nella campagna elettorale del 2016, quando era divenuta pubblica la registrazione in cui Trump diceva che quando sei una celebrità alle donne puoi fare quello che vuoi, anche afferrarle per i genitali, a conti fatti non era successo proprio niente. Come acqua sulla schiena di un’anatra, come si dice. O Teflon Trump, come si è detto. Nulla gli sta attaccato. Tutto scivola, scivola via. La sentenza verrà pronunciata l’11 luglio. Non essendo recidivo – se non davanti a un tribunale morale attualmente vacante – certamente non andrà in prigione. Potrebbe cavarsela con una multa, e se gli daranno delle ore di servizio comunitario i suoi fedeli faranno in modo di presentarsi in massa per aiutarlo in tutti i modi. Non sia mai detto che Trump debba lavorare un solo giorno della sua vita. Trump non è venuto al mondo per lavorare, né per presentare dei programmi politici o sociali. Trump non agisce, reagisce; non propone nulla, annusa dove tira il vento dei suoi elettori e si adegua; se il vento cambia, cambia anche lui. Su una sola cosa non deflette, perché è l’unica che i suoi fedeli vogliono da lui. Trump deve odiare. Odiare non stop. Odiare tutti e tutto. Il suo deve essere un odio universale, senza frontiere. Il suo seguace non ha il tempo per odiare così tanto, ha altro da fare, deve pur vivere, trattare con colleghi di lavoro e vicini di casa. Magari li odia tutti, magari odia pure la sua famiglia, se fosse per lui farebbe fuori tutti quanti, ma è costretto a viverci assieme ed è pure costretto a provare amore, questo sentimento così innaturale, così impuro rispetto al colore di fiamma emanato dall’odio. Ma Trump può odiare, anzi deve, è la ragione per cui è venuto al mondo, per testimoniare la bellezza dell’odio.
Contro qualcuno in particolare? Non necessariamente. Oggi può essere l’immigrato, domani la Cina. Oggi può essere l’Ucraina, domani la Russia. Oggi un comico televisivo che l’ha sbeffeggiato, domani quell’intera parte del popolo americano che non lo vota. Il bersaglio è mobile, ed è bene che resti così, non deve diventare un’ideologia, non c’è nessuna ideologia, Trump non rappresenta nessuno, rappresenta l’odio che tutti proviamo qualche volta nella vita, che per lo più cerchiamo di soffocare perché non ce lo possiamo permettere, e questo soffocamento lo chiamiamo amore. C’è bisogno di qualcuno che si sacrifichi per noi odiando sempre, senza un momento di riposo, così da lasciarci un po’ di forze per quell’impegno faticosissimo che è l’amore. Ed è un compiuto grave, sfiancante, solo un Messia lo può incarnare, un dio famelico, un Moloch fenicio che ha bisogno di 35 milioni di dollari a compensazione delle poche migliaia che ha speso per una squillo di passaggio.
Ricordate il monologo di Gordon Gekko (Michael Douglas) in Wall Street? Quello in cui dice che “greed is good”, l’avidità è una bella cosa? Ebbene, forse allora lo era, si parla del 1987, perché era ancora possibile che qualcuno potesse permettersi di essere avido. Ma oggi che il mondo è dominato da cinque o sei personaggi la cui ricchezza personale supera quella di interi continenti, Gordon Gekko non troverebbe molta soddisfazione nemmeno nell’essere avido. Avido di che cosa? Di un mutuo pagato e di una pensione? Di una villa al mare e di qualche macchina sportiva? Mentre Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, per citarne solo tre, guardano il mondo dall’alto delle loro astronavi invisibili e spostano miliardi come palle da biliardo? Non fatemi ridere, direbbe Gekko. Molto meglio l’odio, quello non te lo porta via nessuno. E se ci costa troppo, tempo e fegato almeno, allora paghiamo qualcuno che possa odiare per noi.
Proviamo allora a riscrivere il monologo di Gordon Gekko inserendo la parola “odio” ogni volta che l’originale dice “avidità”. Grazie a un semplice mash-up, avremo la filosofia di Donald Trump:
“Ebbene, signore e signori, non siamo qui per indulgere in fantasie (…). L’America è diventata una potenza di second’ordine (…) Il punto è, signore e signori, che l’odio, in mancanza di una parola migliore, è una bella cosa. L’odio è giusto. L’odio funziona. L’odio fa luce, chiarisce, semplifica e coglie l’essenza dell’evoluzione. L’odio, in tutte le sue forme – odio per la vita, per il denaro, per l’amore, per la conoscenza – ha segnato l’ascesa dell’umanità. E l’odio, tenete a mente le mie parole, non solo salverà la Teldar Paper, ma anche quell’altra ditta sull’orlo del fallimento chiamata USA.”
E ora, se pensate che stia esagerando, leggete la mia traduzione (questa volta letterale, niente mash-up) del messaggio che Trump ha mandato all’America il 27 maggio 2024, Memorial Day, la festa del veterano (spoiler: Trump si guarda bene dal dire una sola parola sui militari, i veterani, i caduti e le loro famiglie):
“Buon Memorial Day a tutti, inclusa quella Feccia Umana che si sta dando da fare per distruggere il nostro Paese Un Tempo Grande, e quel giudice federale di New York, sinistrorso radicale e odiatore di Trump che ha presieduto, ascoltatemi bene, DUE processi separati che hanno fruttato a una donna che io non ho mai incontrato (una rapida stretta di mano a una serata di gala, 25 anni fa, non significa niente!), 91 MILIONI DI DOLLARI per ‘DIFFAMAZIONE’. Non sapeva nemmeno quando quella cosiddetta serata ha avuto luogo – più o meno nei ‘90 – non ha mai sporto denuncia, non ha nemmeno dovuto produrre quel ‘vestito’ con il quale mi ha minacciato (la prova è risultata negativa!), e ha cantato le mie lodi nella prima metà della sua intervista a CNN con Alison Cooper, ma ha cambiato musica nella seconda metà – mi chiedo perché (È IN CORSO L’APPELLO!)? L’accusa di Stupro la giuria non l’ha presa in considerazione! O quel demente di Arthur Engoron, Giudice dello Stato di New York che mi ha dato una multa di quasi 500 milioni di dollari (È IN CORSO L’APPELLO) per non aver fatto NIENTE DI MALE, per aver usato uno Statuto che non è mai stato usato prima, NON mi ha dato una GIURIA, Mar-a-Lago a 18 milioni di dollari – e adesso per Merchan!”
Cioè il giudice Juan Merchan, che ha presieduto l’ultimo processo (ma altri ne seguiranno, e più gravi, benché forse non in tempo per le presidenziali). Ma che cosa vuol dire “and now for Merchan”? Forse che adesso i seguaci di Trump dovranno mandare al giudice le stesse minacce di aggressione e di morte che hanno ricevuto gli altri giudici? Certo, sono già all’opera. E poi Juan Merchan è nato in Colombia, dunque non può che essere una quinta colonna della lobby degli immigrati, no? Trump conosce l’arte di minacciare senza dire troppo, certo che i suoi seguaci capiranno cosa devono fare. La sua seconda presidenza, se ci sarà, sarà un carnaio di vendette. Programma che lo stesso Trump ha anticipato il 25 dicembre 2023, quando sul suo social medium, Truth Social, ha augurato ai suoi oppositori di MARCIRE ALL’INFERNO (ROT IN HELL!) e Buon Natale a tutti gli altri. I cristiani evangelici sono i più forti sostenitori di Trump. Non sono per nulla turbati dal fatto che il loro Messia auguri a mezza America di finire all’inferno il giorno di Natale. Il loro cristianesimo è precisamente fondato sul piacere di pensare che quelli che loro odiano finiranno all’inferno. Be’, anche Tertulliano (155-230 d.C., apologeta cristiano ma non Padre della Chiesa) immaginava il Paradiso come un circo romano in cui i beati sedevano sulle gradinate godendo dei tormenti dei dannati giù nell’arena. Il che mi conduce a una visione mistica che ho avuto nel 2008.
Stavo seguendo la campagna elettorale di Obama e John McCain per conto di “Europa”, il poi defunto (nel 2014) quotidiano del PD, quando una sera, stanco di tutte le interviste a isterici di ogni denominazione per i quali Obama era l’Anticristo incarnato, prima di addormentarmi ho visto qual era la vera campagna elettorale che avrebbe dovuto svolgersi.
A San Francisco e a Los Angeles comparivano come dal nulla i due veri candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Gesù Cristo e Satana, e dalle spiagge della California iniziavano la loro traversata dell’America in direzione di Washington. In treno, in autobus, a cavallo o a piedi, su per le montagne e attraverso i deserti e le praterie, ad ogni città che attraversavano la gente si radunava ad ascoltare i loro discorsi. L’eccitazione di vedere finalmente a confronto il Bene e il Male era grandissima, le folle inneggiavano a Gesù, vestito di una semplice tunica, e lanciavano improperi a Satana, capelli corti, barba curata, in giacca, cravatta e panciotto, panciotto come un avvocato, ma con anelli vistosi alle dita e denti d’oro come un rapper. Nessuno dubitava che Gesù avrebbe stracciato l’avversario, era impossibile pensare il contrario, e i media seguivano la carovana elettorale solo per dovere e per prendere occasionalmente in giro gli ostinati sostenitori di Satana, che si riducevano ad alcune migliaia di appassionati di heavy metal e a qualche bastian contrario il cui satanismo era più ridicolo che pericoloso.
Ma col passare delle settimane l’umore delle folle cominciò a cambiare. Gesù era affascinante come oratore, e com’era soave la sua voce, ma la sua agenda politica non sembrava poi così entusiasmante. Era contro i ricchi, e questo andava bene, tutti quelli che non sono ricchi sono contro i ricchi, ma quando diceva che bisogna dare allo Stato quello che è dello Stato, voleva per caso suggerire che avrebbe alzato le tasse? E poi, tutto quell’insistere sul dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati dopo un po’ veniva a noia. È vero che era generoso coi miracoli e moltiplicava i pani e i pesci ad ogni comizio, ma chi è che mangiava tutto quel pesce dopotutto. Perché non moltiplicava bistecche, già che c’era, oppure era un animalista contrario alle carni rosse? La gente cominciava a dire che loro volevano un presidente col quale potevano sedersi a mangiare un hamburger e bere una birra, uno come loro insomma. Non che Gesù fosse astemio, questo no, finiva sempre i comizi con un bicchiere di vino, ma si diceva che fosse vino scelto, sofisticato, e la squadra avversaria ebbe buon gioco a spargere la notizia, anche se era inventata, che non era un prodotto americano e se lo faceva venire di nascosto da qualche vigneto del Mediterraneo.
I comizi di Satana invece erano sempre una festa di piazza. Non moltiplicava le costate di manzo, pare proprio che quel trucco non gli riuscisse, e chiedeva soldi, come faceva anche Gesù, ma mentre Gesù li dava ai poveri (ed era tutto documentato, figurarsi se imbrogliava su uno dei capisaldi della sua campagna), Satana li ridistribuiva ai suoi elettori sotto forma di assegni validi, tutti firmati da lui in persona, e che nessuna banca rifiutava. E con quei soldi uno poteva anche andare ad ubriacarsi, lui non aveva niente da obiettare. Ci si poteva anche permettere certe libertà che ai comizi di Gesù sarebbero state impensabili. Mentre lui parlava e parlava giravano sguardi tra uomini e donne non sposati tra di loro che dicevano ci vediamo poi in quel posto appena questa faccenda del comizio è finita, e anche lui dal palco faceva capire, certe volte che usciva dal seminato e si metteva a improvvisare, che le belle donne gli piacevano eccome, mentre il suo avversario con quella Maddalena non si decideva mai, non si capiva neanche se gli piaceva davvero, ma un presidente deve avere una First Lady, no? Quelli che fanno troppo gli asceti non mi convincono, diceva Satana, secondo me hanno qualcosa da nascondere, non sarebbero capaci di passare all’azione con una donna quando è il momento, chi lo sa, magari hanno altre preferenze, e la gente moriva dal ridere e si diceva ha proprio ragione, noi vogliamo un presidente con le palle.
Ecco, invece Gesù non rideva mai, e questo era un problema. Non era di compagnia, non sapeva intrattenere, e anzi rendeva tristi quelli che lo seguivano. Era sempre lì a dire che bisognava accogliere gli stranieri, che anche lui era uno straniero, che eravamo tutti stranieri su questa terra, innanzitutto dei discorsi deprimenti da morire, e poi in concreto cosa insinuava? Che bisognava aprire le frontiere e far entrare chiunque volesse? La polizia al confine col Messico già temeva di perdere il lavoro. Nel primo dibattito televisivo, quando il moderatore gli aveva chiesto qual era il suo programma di governo, aveva risposto serafico: “Amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano”. Ma quello era stato il momento in cui Satana l’aveva proprio inchiodato. Si era voltato verso di lui e gli aveva chiesto a bruciapelo: “E perché dovrei?” Gesù aveva esitato un attimo, solo un attimo, e Satana non si era fatto sfuggire l’occasione: “E perché tu e tuo padre non amate me, allora, visto che lo sanno tutti dove mi avete cacciato, senza appello per una sola infrazione?”
I duecento milioni che seguivano il dibattito in televisione erano stupefatti. Quello sì che era un game changer, cambiava tutto. Intanto Satana aveva preso il timone della barca e non lo mollava. Diceva che quell’idea di amare i propri nemici era la cosa più stressante che si potesse immaginare, che nessuno al mondo sarebbe mai riuscito a seguire un comandamento del genere, era assolutamente contro natura e pure antiamericano. Lui i suoi nemici li odiava eccome, perché se erano suoi nemici voleva dire che erano nemici dell’America. Forse che per costringere gli americani ad amare i loro nemici Gesù aveva intenzione di portargli via le armi? Era questo il suo piano segreto? Eh no, prima di raggiungere quell’obiettivo doveva passare sul suo cadavere, suo di Satana, che era stato sconfitto in una precedente campagna elettorale, sì, ma adesso era il comeback kid, quello che ritorna quando meno te l’aspetti, e non si sarebbe fatto mettere sotto un’altra volta perché lui il messaggio l’aveva ed era ben chiaro: fa’ agli altri quello che gli altri vogliono fare a te, ma faglielo prima.
E lui, Gesù, come aveva reagito? Roba da non credere. Aveva lasciato il suo podio, si era avvicinato a Satana, l’aveva baciato delicatamente sulla bocca, solo sfiorandogli le labbra, e se n’era andato in silenzio, lasciando il dibattito a metà. Il giorno dopo tutti i commentatori erano d’accordo, Gesù aveva buttato al vento tutte le sue possibilità, era spacciato, e subito dopo i sondaggi diedero loro ragione. Gli evangelici erano entusiasti, il vero Christian era Satana, era lui che rappresentava appieno i valori cristiani. Ci furono defezioni illustri nel suo campo. Il direttore della sua campagna, inseguito dai giornalisti, addirittura negò per tre volte di averlo mai conosciuto. Non c’era neanche bisogno di negarlo, Gesù si era ritirato, qualcuno disse che era stato visto a fare l’assistente sociale nel South Side di Chicago. A novembre, Satana fu eletto con una percentuale altissima, non si era mai visto un simile plebiscito, era riuscito in un’impresa impossibile, aveva unito l’America. Promise la pace e un regno di mille anni, al termine del quale ci sarebbe stata qualche scaramuccia con le legioni celesti, così dicevano le profezie, ma al momento non c’era nulla di cui preoccuparsi, gli americani potevano star sicuri, l’ordine regnava.
Non ho scritto questa visione allora, la scrivo adesso. È un po’ aggiornata, ma neanche tanto. Non è una profezia e nemmeno una previsione elettorale. È soltanto un’estrapolazione di quello che accade ogni quattro anni, in uno strano paese chiamato Stati Uniti d’America.