Speciale
Harris e Trump: salto dello squalo
C’è stato un momento, al 32esimo minuto del dibattito tra Kamala Harris e Donald Trump, in cui Trump è saltato sopra lo squalo. L’espressione “jumping the shark” è stata coniata nel 1985 da due conduttori radiofonici, John Hein e Sean Connolly, che si riferivano a un episodio del 1977 della serie Happy Days, in cui Fonzie (Henry Winkler) mentre si sta esercitando nello sci acquatico vede la pinna di uno squalo che gli si sta avvicinando, ma non fa una piega e grazie a un trampolino ci salta sopra. La trovata era sembrata un po’ eccessiva anche allora, ma non intaccò la fedeltà che il pubblico continuava a dimostrare per Happy Days. Anzi, divenne così popolare che in una puntata della seconda stagione di Ti presento i miei (2004), Henry Winkler ne fece la parodia saltando, in giacca e cravatta, su uno squaletto squartato. Ma furono Hein e Conolly a dare all’espressione il significato che ha ancora oggi: un film o una serie che, avendo bruciato tutte le idee, per riagganciare il pubblico deve ricorrere a qualcosa di spettacolare e insieme implausibile.
È quello che è accaduto al 32esimo minuto del duello televisivo Harris-Trump. Fino a quel momento, Trump era sembrato in grado di reggere i colpi che Kamala Harris gli infliggeva. Era all’angolo, ma rispondeva. Non che le cose che dicesse avessero il minimo senso. Nell’ordine: “I prezzi sono aumentati fino all’ottanta per cento! Milioni di criminali stanno invadendo gli Stati Uniti! La gente non può più comprare né uova né pancetta! Il popolo sta morendo! Kamala Harris è una marxista! Suo padre era un marxista! Ventuno milioni di immigrati negli ultimi anni! (Sono otto milioni, entrati anche quando era presidente lui, ma molti legalmente.) In Virginia si possono avere aborti al nono mese! Anche dopo che il bambino è nato! (Anche questo era un bello squalo da saltare, ma l’ha detto così in fretta che ai più dev’essere sfuggito.) Tutti, assolutamente tutti, democratici e repubblicani, volevano che la Corte Suprema abolisse il diritto all’aborto e che la decisione tornasse agli stati! La gente viene ai miei raduni! Sono i più grandi raduni della storia! Ai raduni di Kamala Harris non ci va nessuno!”
E da parte di Kamala Harris? “Secondo tutti gli economisti, Trump farà aumentare l’inflazione! Le tariffe che vuole imporre sulle importazioni le pagheranno i consumatori! Con tutto il suo parlare di contenere la Cina, ha fatto vendere componenti elettronici avanzati proprio alla Cina! Con i giudici che ha eletto alla Corte Suprema ha fatto abolire il diritto all’aborto e ora non vuole ammettere che lo abolirà anche per legge. C’era una proposta di Biden che avrebbe aumentato il numero degli agenti di guardia alla frontiera ma lui ha ordinato ai repubblicani di votare contro! Donald Trump preferisce fare demagogia su un problema piuttosto che risolverlo!”
Kamala Harris non è un avversario da poco. Ha marcato il territorio fin dalla stretta di mano iniziale, andando dritta verso Trump e bloccandolo mentre procedeva non proprio sicuro verso di lei. Nel giro di pochi minuti l’ha messo sulla difensiva. Trump è un vecchio animale televisivo, sa che stare in televisione non è come ai suoi raduni dove può “parlare in lingua” come un predicatore evangelico che si sente toccato dallo Spirito Santo e comincia a dire cose incomprensibili. Molti dei suoi elettori sono abituati ai predicatori che parlano in lingua, se non si capisce quello che dice lasciano perdere o s esaltano pure loro.
Ma Kamala Harris sulla questione dell’aborto non gli ha lasciato tregua: le donne a cui è stato negato un aborto terapeutico, le donne che hanno dovuto cambiare stato per avere una fertilizzazione in vitro, le donne rimaste incinte in seguito a stupro e che lei ha difeso quando era pubblico ministero. E quando la pinna dello squalo si è fatta troppo vicina Trump ha perso il controllo, nella sua mente ha visto un trampolino e ha saltato: “A Springfield, Ohio, gli immigrati haitiani rapiscono i cani e i gatti degli abitanti per mangiarseli! La gente dice che gli immigrati gli mangiano i loro animali domestici!”
Torno indietro di qualche ora. Ero in ufficio quando un collega che era passato a salutarmi mi ha riferito che l’ultima fake news circolante nei recessi di internet era che gli immigrati dal Centro America rapissero cani e gatti dei bravi americani per cucinarseli. Dopo tutte le campagne elettorali americane a cui ho assistito dovrei essere preparato a tutto, ma l’assurdità della cosa era riuscita lo stesso a colpirmi (perché dovrei cuocermi un cane? non basta il fast food?). Ci ho fatto una risata, non ci ho pensato più, e poche ore dopo l’ho sentita ripetere da un ex presidente degli Stati Uniti, e che lo potrebbe ancora diventare.
Il dibattito è continuato per un’altra ora. Trump ha saltato qualche altro squaletto: “L’FBI è una truffa!” “Deporterò undici milioni di clandestini!” “Kamala Harris farà finire la benzina! Dovremo tornare ai mulini a venti e alle fattorie solari, che a me piacciono anche ma portano via troppo spazio!” “Il cosiddetto assalto al Campidoglio era una dimostrazione pacifica, la colpa dei disordini è di Nancy Pelosi!” (Ma se era pacifica...) “Viktor Orban è il leader più rispettato del mondo, e vuole che io diventi presidente!” “La Terza guerra mondiale è vicina! Putin ha le armi nucleari! Ma io lo conosco! Farò finire la guerra in Ucraina ancora prima di diventare presidente!”. E la riforma sanitaria di Obama?, gli chiedono i conduttori impassibili. La vuole mantenere o abolire? “Ho delle concezioni in merito”, risponde.
Anche senza rivolgere domande dirette, Kamala Harris è riuscita a trasformare il dibattito in un interrogatorio in cui l’imputato era Trump. È stata pubblico ministero per anni, dopotutto. Doveva dimostrare di sapergli tenere testa e l’ha fatto. Ma di suo cos’ha detto?
Non moltissimo. In certi momenti sembrava di sentir parlare Obama (certamente non Hillary Clinton). Se la parola d’ordine di Obama era la speranza, la sua è il futuro: non tornare indietro, guardare avanti. Trump è un aspirante dittatore, ma soprattutto “vuole farci tornare al passato”. E il futuro di Kamala Harris com’è? Un po’ idillico, bisogna dire: quello dell’“economia delle opportunità”, delle piccole imprese, della classe media e medio-bassa. Una visione, o meglio una visioncina, accompagnata da qualche modesta proposta: assegni familiari più consistenti, sgravi fiscali per le piccole imprese, una legge per regolamentare l’aborto a livello federale (“Non avrà mai i voti!” la schernisce Trump, e può darsi che abbia ragione). Aggiungiamo il sostegno all’Ucraina e la solita soluzione dei due stati per il conflitto Israele-Palestina (“Israele ha il diritto di difendersi, ma la questione è come”).
Tutto bene e niente di esaltante. Il che forse è ancora meglio. Vale per i politici quello che Giuseppe Pontiggia diceva della letteratura: che in Italia ci sono tanti grandi scrittori; quelli che mancano sono gli scrittori. Di politici-messia che arrivano a cambiare la nazione ne abbiamo visti tanti; di politici e basta, che poi sono quelli che la cambiano davvero, pochi (le vere rivoluzioni si fanno con le leggi, diceva Vincenzo Cuoco).
Puntuale, subito dopo il dibattito è arrivato per Kamala Harris l’endorsement di Taylor Swift, con un messaggio su Instagram accompagnato da una foto in cui regge in braccio un bel gattone, evidentemente sfuggito ai girarrosti degli haitiani. Ma non si creda che le cose siano poi così cambiate. Kamala Harris ha sicuramente guadagnato qualche voto, ma Donald Trump non ne ha perso nessuno. Happy Days, dopo il salto dello squalo, è rimasta per cinque anni la serie televisiva più famosa.