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Conversazione con il fotografo documentarista / Anima: la Russia di Davide Monteleone
La fotografia di Davide Monteleone – pluripremiato fotografo documentarista italiano – ha raccontato negli ultimi quindici anni il grande universo Russia. Proprio Dusha, con cui i russi indicano l’anima, è la parola che da il titolo alla sua prima pubblicazione che racchiude un periodo di lavoro che va dal 2005 al 2009. Dalle sue capitali Mosca e San Pietroburgo Monteleone ha indagato e raccontato i confini di una grande geografia umana e politica, dall’artico alle provincie baltiche, dallo stretto di Bering al limitare del territorio cinese. In Red Thistle (2007-2011) ha documentato la complessità delle società caucasiche, avendo come base Grozny e attraversando – in un periodo di ricerca e di lavoro durato tre anni – le province remote e di difficile accesso del Daghestan, Ossezia, Inguscezia e Abkhazia. Con Spasibo, è entrato nell’intimità di una tra le terre più martoriate della recente storia contemporanea – la Cecenia – indagandone il presente e i postumi del conflitto con la Russia. In occasione del centenario della Rivoluzione bolscevica, Davide Monteleone porta a termine un lungo lavoro documentato ora in The April Theses, la sua ultima pubblicazione. Il 16 aprile del 1917, un convoglio ferroviario che viaggiava da Zurigo con lasciapassare tedesco – piombato e senza possibilità di accesso dall’esterno – dopo aver percorso mezza Europa dalla Svizzera attraverso Germania e Svezia e dopo avere oltrepassato il confine finlandese ed essere arrivato a Helsinky, giungeva in Russia facendo il suo ingresso alla stazione Finlandia dell’allora Pietrogrado. Il convoglio riportava in patria Vladimir Ilych Ulyanov (Lenin), la moglie Nadja e 28 compagni. Lenin ha 47 anni. Monteleone decide di ripercorrere fisicamente parte di questo viaggio, ripercorre i passi che riportarono il rivoluzionario bolscevico in patria e che cambiarono per sempre la storia del mondo contemporaneo. Ne abbiamo parlato insieme qui.
Dove e come nasce l’idea di The April Theses, il tuo ultimo libro fotografico?
Avevo da tempo intenzione di realizzare un progetto che avesse come tema il centenario della rivoluzione Bolscevica. Il tema è vasto e poteva essere affrontato in tanti modi. Tra le varie ricerche ho scoperto del ritorno di Lenin da Zurigo a San Pietroburgo, e il giornale Smithsonian mi ha commissionato di ripercorrere parte dello storico viaggio. Le prime foto del viaggio insieme alla ricerca dei documenti di archivio e una mia “immedesimazione” in Lenin compongono oggi il libro pubblicato in collaborazione con Postcart.
Come hai organizzato il lavoro per creare i materiali che compongono il libro? Credo ci sia stato uno studio preparatorio di documentazione e poi come hai lavorato?
Ho lavorato per qualche mese presso l’Archivio Statale Russo della Storia Socio Politica (R.g.a.s.p.i.) che racchiude quasi tutti i documenti della vita di Lenin. Ho fatto richiesta di visionare tutto quello che avevano su Lenin nel periodo storico compreso tra il 15 Marzo e il 15 Aprile 1917, poco prima e poco dopo che Lenin lasciasse Zurigo per tornare in Russia a prendere le redini della rivoluzione. Ho riprodotto i documenti che ritenevo interessanti e ho ripercorso il viaggio sulla base di alcuni libri storici. Ho deciso poi di impersonare Lenin, o meglio, la sua rappresentazione iconografia, durante il viaggio. Credo quest’ultima scelta sia dipesa in fatto dalla necessità di rievocare un avvenimento di 100 anni fa di cui non vi era ovviamente più traccia, dall’altro dal mio desiderio di continuare a “giocare” con il ruolo della fotografia della fotografia documentaria in un momento in cui il dibattito su questo particolare ambito fotografico è particolarmente acceso e controverso. – Mi chiedevo come si potesse raccontare una storia di 100 anni fa per immagini, e come si potessero combinare ed interpretare avvenimenti storici e reali di cui è rimasta poca traccia visiva. Forse non è questo il vero ruolo della fotografia documentaria, ma ci ho provato lo stesso.
Più in generale qual è la tua idea di fotografia e come costruisci le tue narrazioni fotografiche?
Non credo di avere un’ “idea di fotografia”. Credo che la fotografia sia una delle tante forme espressive visuali (piuttosto giovane) di cui esiste traccia sin dall’alba dell’uomo. Anche i cavernicoli utilizzavano le immagini prima della scrittura per lasciare traccia delle loro esperienze. Da allora ad oggi questa esigenza si evoluta in varie forme e stili, e la fotografia segue quest’evoluzione e in questi ultimi anni è molto vivace e stimolante. Personalmente lascio che siano le storie a dettare la modalità narrativa e non viceversa, quindi non sono più particolarmente legato ad un particolare stile narrativo o genere fotografico. L’importante credo sia saper riconoscere i limiti narrativi della fotografia e rispettare le regole dell’ambito in cui la fotografia è utilizzata.
Quale pensi sia il senso della fotografia documentaria autoriale, in una realtà come quella contemporanea in cui c’è una produzione esagerata di immagini e una quantità enorme di informazioni disponibili quasi a chiunque?
Credo che ogni forma espressiva abbia un senso e una collocazione e trovo difficile definire il concetto di “autoriale”, in particolare nella fotografia visto non richiede particolari abilità tecniche, manuali o intellettuali. Se possiamo considerare la fotografia il risultato di un processo creativo, immagino che la collocazione e il senso debbano essere ricercati nel pensiero più che nel risultato.
Hai documentato la geografia russa per più di quindici anni. Da Mosca al Caucaso – Daghestan, Ossezia, Inguscezia – dalla Cecenia ai confini-periferie dell’universo Russia. Come è nato e come si è modificato nel tempo il tuo rapporto con un territorio così complesso e con società così profondamente diverse tra loro?
Forse sono diventato un po’ più Russo e un po’ meno Italiano!
A cento anni dalla Rivoluzione russa che cambiò per sempre il mondo contemporaneo, cosa resta delle tesi di aprile nella società russa e qual è la loro eredità?
Delle “Tesi di Aprile” credo ben poco, anche perché non credo siano un argomento particolarmente “popolare”. La Russia, e sembra il mondo intero, hanno subito grandi cambiamenti a seguito della rivoluzione, e probabilmente le cose sarebbero andate diversamente se Lenin non fosse rientrato in patria, anche, e grazie, al supporto della Germania al tempo antagonista della Russia durante la prima guerra mondiale. Come in ogni aspetto storico rivisto a posteriori, è difficile azzardare possibili scenari. Personalmente mi ha sorpreso scoprire le similitudini della vicenda di Lenin di cento anni fa, con i dibattiti contemporanei in merito ad interferenze politiche e rivoluzioni sponsorizzate. Inoltre più cerco di capire la Russia oggi e più mi accorgo che quello che accade qui oggi ha radici in un passato piuttosto lontano e probabilmente ancora irrisolto. Ma questo, forse, è vero un po’ ovunque.