Biennale. Yael Bartana e la luce ambigua delle nazioni
La maggior parte dell’umanità è la più grande catastrofe per la terra. Nel corso dei millenni e soprattutto nei secoli XX e XXI gli esseri umani hanno portato al collasso l’equilibrio del loro ambiente naturale. Non sono serviti i più alti e nobili pensieri dei filosofi e dei teologi, le più geniali intuizioni degli scienziati, i più sinceri tentativi di chiunque avesse a cuore la preservazione e la difesa della vita di ogni specie vivente. La brama del potere, i desideri di espansione e di conquista che hanno causato innumerevoli guerre, il capitalismo, lo sfruttamento incondizionato di qualsiasi cosa, l’avidità di chi ha governato gli stati, la stupidità dei consumatori, lo spirito critico anestetizzato da promesse mai mantenute, hanno ormai portato la vita sulla terra a una forma di speranza da ultima spiaggia. Da questa ammissione di colpa e presa di coscienza prende corpo il progetto Light to the Nations (2022-24) di Yael Bartana, un'installazione multimediale posta nel padiglione tedesco della Biennale di Venezia, dove campeggia un'astronave cabalistica, immaginata per attraversare il cosmo. Secondo l’artista israeliana bisognerebbe trasferire tutti nello spazio per ripristinare gli equilibri ambientali sul nostro pianeta.
Il video Farewell, con la sua cerimonia iniziale che precede la partenza dell’astronave Light to the Nation verso distanti galassie, traduce attraverso i movimenti dei corpi e le coreografie rituali la prossima partenza che trascenderà i confini del tempo e dello spazio, verso un regno liminale posto tra le contraddizioni del mondo terreno e l'ignoto. I giovani ballerini, come silfidi in una foresta, richiamano lo spirito romantico e l'esplorazione dell'umano e del soprannaturale. La loro danza si ispira al Labanotation, un sistema sviluppato dal coreografo Rudolf von Laban all'inizio del XX secolo, un tipo di danza pressionistica che combinava movimento collettivo e rituale.
Il video di Bartana prefigura un possibile viaggio nella vastità dello spazio cosmico in cui la nave generatrice fluttua, emergendo come un vascello messianico che promette redenzione. I ballerini, con le loro maschere di animali – cavallo, asino e ariete evocano immagini apocalittiche e si collegano alla narrativa messianica giudeo-cristiana – e le loro interpretazioni di una danza estatica, esplorano il tema dell'imminente catastrofe e della speranza. L'ambiente della foresta risponde all'imperativo della natura di ringiovanimento e riflette la Luce e la necessità delle Nazioni di garantire una possibilità di salvezza. La cerimonia segna la separazione dell'umanità dalla Terra e il suo viaggio verso realtà ancora sconosciute, mettendo in evidenza l'interconnessione tra utopia e catastrofe. L'addio si configura come una partenza verso un futuro incerto, ma carico di promesse e speranze. A giudicare dai temi e dall’estetica del video Farewell posto in relazione all’astronave sefirotica, dai richiami a riti di iniziazione, sembra che l’artista abbia mescolato il messianismo ebraico e il mito dell’esodo con l'estetica della regista tedesca Leni Riefenstahl e le questioni legate all’olocausto e al nazismo. Questi accostamenti e l’apparente ambiguità artistica dei temi hanno causato reazioni di stupore e per alcuni di protesta, visto quello che sta accadendo ora a Gaza. Quale promessa di redenzione viene evocata con questo progetto esposto nel padiglione tedesco e come mai vengono posti accanto due rimandi apparentemente dissonanti, le sephiroth ebraiche e l’ideologia esoterica nazista?
Mentre le calamità terrene e i vicoli ciechi della politica internazionale si accumulano, come il lavoro di Bartana guarda allo spazio per trovare una via d'uscita? Perché trasferisce storie di matrice biblica e visioni cabbalistiche nel carburante che serve per innescare un esodo mondiale nel cosmo, una fuga da tutte le problematiche che attanagliano da anni il nostro pianeta? Nonostante il periodo catastrofico di cui siamo tutti testimoni e nonostante la tendenza del mondo dell'arte a essere molto polarizzato politicamente, Bartana cerca di creare opere che corrano dei rischi, che permettano di porsi a confronto con l'ambiguità. Ma il suo progetto qui sembra più legato soprattutto alle soglie intese come passaggi tra territori, categorie e realtà. L’artista mostra Light to the Nations in un luogo dove in passato sono state messe in scena fantasie ideologiche di redenzione, finite in una catastrofe. La storia ci ha più volte insegnato che quando un’utopia finisce nelle mani sbagliate può essere molto pericolosa. Per onestà intellettuale è doveroso ricordare ai lettori che in un decennio di rinascita del nazionalismo di estrema destra in Europa e in Israele, Yael Bartana (1970) si è guadagnata il plauso internazionale per le sue opere e per la qualità del suo lucido sguardo politico. La trilogia video And Europe Will Be Stunned (2007-2011) aveva incluso gli spettatori nel linguaggio visivo del nazionalismo redentivo, creando una narrazione intorno a un immaginario "Movimento rinascimentale ebraico" in Polonia:
L'installazione cinematografica Malka Germania (2021) aveva rivolto l’attenzione verso i luoghi storici della “erinnerungskultur” (cultura della memoria) berlinese del dopoguerra e sulle risonanze con i dibattiti contemporanei su ciò che sta accadendo da decenni nei territori dove vivono palestinesi e israeliani:
Light to the Nations è un progetto che Bartana ha iniziato a sviluppare nel 2022 e che ha esposto per la prima volta nel 2023, presso il Center for Digital Art di Holon, in Israele. Il titolo è tratto da una frase biblica tratta dal Libro di Isaia: "Ti nominerò alleanza per il popolo e luce per le nazioni [O Lagoyim]". Il design dell’astronave è basato sul diagramma delle dieci Sefirot della Kabbalah, in una sorta di fusione tra misticismo ebraico, fantascienza e tecnologia contemporanea, soprattutto grazie alle discussioni che l’artista ha condiviso con la storica dell'arte Doreet LeVitte-Harten, documentate attraverso un video presente nell’installazione. Le dieci Sephirot contengono tutti gli aspetti che simboleggiano l'idea di Dio come Ain Sof, un'eternità che equivale allo spazio esterno infinito del viaggio della nave generazionale. Sovrapponendo tecnologie immaginarie con la dottrina mistica, Bartana utilizza l’astronave come veicolo di redenzione, proprio come fosse la Merkava, il carro cabalistico che avvicina il mistico al trono di Dio. Le Sephirot si trasformano nelle sfere della nave, progettate come gruppi per varie funzioni tra cui quartier generale della nave, ricerca spaziale, ingegneria, centro medico, centri di apprendimento, agricoltura, patrimonio, sfera pubblica, quartieri e zone di riciclaggio.
Il progetto è motivato dall'accumularsi delle crisi politiche e ambientali, dalla costante sensazione di allarme, ed è il logico passo successivo nel proporre alternative al nostro attuale immaginario politico. L'idea di fondo è quella di salvare e migliorare l'umanità a bordo di una nave generazionale, un'ipotetica arca interstellare che viaggerà per decenni, trasportando più generazioni di esseri umani verso galassie sconosciute. Ciò solleva molte domande sull'eredità di questa generazione contemporanea: chi sarà selezionato per salire a bordo della nave? Come funzionerà la struttura sociale nell’astronave? Sebbene possiamo avere un'idea di come inizierà, il suo futuro rimane incerto: è un'idea utopica con un potenziale intrinseco di distopia.
Come abbiamo già accennato sopra, Bartana esplora suggestioni legate a figure messianiche, alla "rinascita ebraica" e alla redenzione, connotati con il peso della storia, del trauma e della complessità della realtà. L’artista intende il momento messianico come qualcosa che genera speranza e le cui ripetizioni storiche possono servire come veicolo di redenzione? L'astronave può veramente salvare l'umanità e il nostro pianeta, che potrebbe stare meglio senza di noi, o si pone il riflettore sulla possibilità che questa sia una fuga problematica, ovvero che continua ancora a portarsi appresso tutti i pericoli della storia coloniale? In una recente intervista Bartana risponde: “La mia visione artistica emerge sempre dalla mia identità israeliana, che è radicata nella cultura ebraica. Esporre quest'opera nell'abside del padiglione, costruito dai nazisti, e che in precedenza aveva ospitato opere di artisti come Arno Breker, le conferisce un senso di ironia. Anche se il concetto è essenzialmente un'estensione delle narrazioni ebraiche dell'esodo, immagino che ci siano molte altre navi generazionali. Per me lo spazio simboleggia la diaspora definitiva. […] Per molte persone è difficile vedere l'opera e non pensare al 7 ottobre 2023 e a ciò che ne è seguito, e va bene così. Purtroppo, i recenti e terribili eventi hanno fatto sentire la mia astronave quasi profeticamente necessaria. Questo progetto segue il mio lavoro What if Women Ruled the World? (2018), che trattava di un'imminente minaccia nucleare pochi anni prima che Putin invadesse l'Ucraina e riproponesse a livello globale la paura della guerra nucleare. In un certo senso, dimostra il potenziale dell'arte di prevedere, ma anche di sfidare il futuro.”
L’astronave costruita secondo la forma dell’albero sefirotico – con dieci sfere luminose, intese come emanazioni e virtù di IHWH – è connotata di nuovo solo con la cultura ebraica o si apre a una visione universale della salvezza umana?
Bartana utilizza il concetto di Tikkun Olam (in ebraico "riparazione del mondo", una parte fondamentale della Kabbalah), ovvero la responsabilità del mistico per fare in modo che la Terra possa avere l'opportunità di guarire se stessa mentre l'umanità sopravvive nel cosmo, dove oltre all’astronave sefirotica vi sono molte altre navi che l’hanno seguita. Tra queste navi vi sono anche popoli poveri, minoranze etniche, i palestinesi, o solo chi ha un’economia in grado di costruire navicelle spaziali?
Il giorno dell’inaugurazione nel padiglione tedesco, molte persone hanno chiesto all’artista se poteva riservare loro un posto sulla nave della generazione. Alcune si sono arrabbiate interpretando il viaggio come fosse salvifico solo per il popolo ebraico, altre hanno visto in esso solo un'altra storia di fantascienza. Altre una forma provocatoria tesa a far aleggiare un’ambiguità di fondo.
Mentre continuano ad accadere cose drammaticissime a Gaza, Bartana pone domande attraverso il suo progetto artistico, per riflettere e per sfidare i binari delle agende politiche, anche nei momenti peggiori, chiarendo che Hamas non rappresenta tutti i palestinesi, così come lo Stato di Israele, in particolare il suo attuale governo, non rappresenta tutti gli israeliani, e che è importante continuare a distinguere tra Stati e cittadini di entrambe le parti.
Già nei suoi primi lavori Bartana aveva applicato un metodo lucido per esaminare i fatti della storia e sottoporli ad attenta valutazione. Aveva osservato la realtà di Israele e il concetto di identità nazionale, per poi interferire con essa, intrecciando reali accadimenti storici e finzione, utilizzando la stessa metodologia degli ideologi che avevano provato a creare un’immagine del mito e dell’ethos. Nel corso degli anni, poi, ha approfondito i meccanismi di funzionamento del cinema di propaganda, cercando di capire come la falsa informazione nazista, bolscevica o sionista, fosse stata utilizzata nella filmografia del XX secolo.
Anche l’astronave Luce alle Nazioni trasporta prodromi di una propaganda ineliminabile? Questo viaggio nell’universo continuerà per molto tempo, portando di nuovo elementi utopici e distopici, o la grande impresa riuscirà a trascendere i confini religiosi, etnici, nazionali, statali e tribali, per innescare processi di redenzione e nuove strutture sociali, ridefinendo il rapporto dell'umanità con le sue origini terrestri e territoriali? Senza le restrizioni e il retaggio della storia umana terrena, sull’astronave potranno essere progettate forme di società più sagge?
In copertina, Yael Bartana, Yael Bartana, Farewell, 2024, installazione video e sonora a un canale, 16 min, Padiglione tedesco alla 60a Biennale d'Arte di Venezia.
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