Capire meglio le informazioni visive / Come i grafici mentono
Nel novembre scorso il tasso di crescita dei prezzi in Italia è stato negativo, pari a -0,3 per cento rispetto a 12 mesi prima. Il tasso di crescita era stato -0,6 in ottobre. La variazione dei prezzi era stata negativa anche a settembre. Tra amici abbiamo iniziato a discutere se fosse opportuno pubblicare una figura sul fenomeno; o se bastassero le parole. La discussione si è complicata quando uno di noi ha iniziato a leggere questo libro.
Alberto Cairo è un giornalista, progettista di grafici, docente di corsi universitari di visual journalism. Il libro parla appunto di giornalismo visivo, una disciplina che utilizza soprattutto immagini: fotografie, info-grafiche e grafici. È un giornalismo indirizzato a un lettore sempre più frettoloso, che vuole apprendere le notizie nel minor tempo possibile. È il giornalismo dell’era dell'informazione via web.
Un esempio a noi molto vicino di cosa sia il visual journalism ce lo fornisce Cairo, riportando un grafico sul Covid-19 apparso nel sito web del Washington Post il 20 marzo 2020. È un grafico famoso, in cui sono rappresentate due curve, che rappresentano la diffusione della pandemia in due ipotesi distinte: l’ipotesi di assenza di misure protettive (una curva con un picco molto concentrato di casi positivi) e quella di adozione di misure protettive (una curva senza un picco, ma distribuita su tutta l’asse delle ascisse).
Questo grafico è secondo Cairo una delle visualizzazioni più memorabili della storia, perché descrive il modo in cui una pandemia può impattare sul sistema sanitario di una nazione a seconda che non si faccia niente oppure si adottino misure protettive per impedire il collasso del sistema. Il grafico è stato condiviso da milioni di persone, riuscendo a trasmettere a una platea molto ampia l’importanza delle misure protettive, in un modo molto diretto e più efficace di qualsiasi testo scritto.
L’esempio ci dice come i luoghi comuni “… un’immagine vale mille parole” o “i dati dovrebbero parlare da soli” siano quanto mai attuali e possano essere applicati a condizione – questo è il messaggio principale del libro – che i grafici siano tecnicamente corretti, nei dati e nella progettazione, e a condizione che il lettore sia in grado di leggerli. Questo perché i grafici non vanno solo guardati, come fossero mere illustrazioni, ma vanno saputi leggere e interpretare.
I primi grafici della storia sono forse quelli apparsi nel 1786 in un libro, L’atlante commerciale e politico, scritto dall’erudito William Playfair. Nella realtà il volume non conteneva carte geografiche, ma altre visualizzazioni. Ad esempio Playfair presentava un grafico con esportazioni e importazioni dell’Inghilterra, dal 1700 al 1782, per mostrare l’avanzo commerciale del Paese, predominante per gran parte del secolo, ma non negli ultimi anni considerati.
Il libro di Cairo non è un noioso manuale di tecniche di progettazione del grafico perfetto. Si presenta piuttosto come una carrellata di esempi di grafici sbagliati, di grafici che mentono. È una lettura scorrevole, perché gli esempi concreti sono riferiti a fatti, in molti casi caratterizzati da una certa notorietà. Sono eventi dei nostri giorni, come la mappa elettorale diffusa da Trump nella primavera del 2017, che erroneamente forniva l’immagine che il nuovo Presidente fosse stato votato dalla maggioranza dei cittadini statunitensi. Oppure sono eventi del passato, come un grafico diffuso nella Germania degli anni Trenta sulla riproduzione delle razze. Sappiamo che le razze non esistono, mentre i nazisti fornivano, in una visualizzazione, l’immagine che le razze “inferiori” si moltiplicassero senza controllo.
Partendo da esempi concreti il lettore diventa consapevole di quali sono i motivi per i quali a prima vista, sulla base cioè di un’occhiata panoramica, i grafici possono mentire: perché sono progettati in maniera inadeguata; perché utilizzano dati dubbi oppure parziali; perché nascondono il margine di incertezza; perché suggeriscono pattern fuorvianti. Dopo la lettura del libro, il lettore guarderà i grafici con maggiore attenzione; non si fermerà a una prima occhiata veloce, perché avrà capito che potrebbe ingannarsi, perché in alcuni casi il progettista ha voluto ingannarlo. Il lettore andrà oltre la prima occhiata per leggere attentamente i titoli, l’unità di misura e la scala utilizzata, il metodo della codificazione visiva – ad esempio colore e posizione – e le note dei grafici.
Nell’analizzare moltissimi grafici, gli esempi raccontati nel libro rendono consapevole i lettori dell’importanza di comprendere i contesti nei quali i grafici sono stati realizzati e quale finalità si proponevano. Di rado un grafico può essere sufficiente da solo. Cairo ci ricorda che non si può comprendere il mondo senza numeri, ma allo stesso tempo non lo si può comprendere solo con i numeri. La frase “I grafici da soli non dimostrano un bel niente” è il mantra che l’autore dice di ripetere sempre nei suoi corsi universitari. E infatti, seguendo Cairo, abbiamo deciso di non fare una figura per parlare di inflazione negativa.
Infine, il libro ci mette in guardia da una possibile distorsione comportamentale che può influenzare la nostra comprensione di un grafico: la tendenza a cercare in un grafico la conferma di nostre convinzioni, a prendere nota cioè solo dei dati che si adattano alle nostre convinzioni. Stiamo parlando della distorsione di conferma.
In conclusione, la nostra comprensione di un grafico dipende sia da quello che il progettista ci vuole far vedere – che può essere sbagliato a causa di sciatteria, ignoranza o dolo – ma anche da quello che vogliamo vederci noi, a seconda della nostra disponibilità a voler analizzare o meno il contesto da cui è tratto e da quanto ci facciamo catturare dalla trappola della “conferma”.
Nelle prime pagine del libro ci si chiede a chi sia indirizzato il libro: a un pubblico di addetti ai lavori, cioè ai progettisti di grafici del visual journalism, oppure a un pubblico indistinto di lettori e frequentatori del web? Comprendere il funzionamento dei grafici è importante solo per i professionisti dell’informazione o per tutti quelli che navigano nel web e frequentano i social? Andando avanti nella lettura si comprende che il libro è indirizzato a tutti. Nell’era dei social la distinzione tra professionisti e dilettanti dell’informazione è diventata più labile: chiunque, nel momento in cui condivide nei social un’immagine, ad esempio un grafico, diventa curatore di informazioni, un ruolo che implica delle responsabilità di tipo morale. Non importa il numero di follower diretti, chiunque può raggiungere più o meno consapevolmente milioni di persone.
Sotto questo profilo il libro stimola riflessioni che non riguardano solo la materia dei grafici, vale a dire la distinzione tra grafici “onesti” e grafici che mentono. Il volume solleva un interrogativo più generale di distinzione tra buona informazione e cattiva informazione. Cairo parla di responsabilità civica, il dovere civico di comprendere correttamente un grafico prima di condividerlo su un social per evitare di diffondere grafici e articoli che possono fuorviare. Il libro è un breviario di buone regole di condotta per la diffusione delle informazioni. La regola principale è di diffidare di qualsiasi pubblicazione che non citi chiaramente le fonti dei dati o, almeno, degli articoli da cui sono tratti, e che non metta, se possibile, i dati a disposizione di tutti.