La coscienza senza cervello / Nella mente delle piante
Il barone rampante è tornato. Questa volta è apparso su di un platano del boulevard Saint-Germain di Parigi, vicino al Ministero della Transizione ecologica, si fa chiamare Thomas Breil e protesta contro l’abbattimento di 25 alberi a Condom, nel Gers. Dopo secoli in cui di Cosimo Piovasco di Rondò si erano perse le tracce, negli ultimi anni è stato avvistato in diversi punti del globo e con nomi diversi, Miranda Gibson su di un eucalipto in Tasmania, Julia Butterfly Hill su una sequoia in California, ma sempre con lo stesso intento: far capire al mondo non solo che le piante sono esseri viventi, ma che sono le uniche che potrebbero aiutarci a non estinguerci miseramente. Quel piccolo meraviglioso trattato di botanica allegra scritto da Calvino nel 1957, molto doveva alla madre di Italo, Eva Mameli Calvino, botanica e naturalista che a lui e all’altro figlio Floriano, poi divenuto geologo, aveva trasmesso la passione e il rispetto per le meraviglie della natura.
Viviamo in tempi in cui i campanelli di allarme non si sentono più perché hanno finito di suonare già da un pezzo, siamo passati alle sirene che urlano che il tempo è scaduto e nel comprensibile panico che precede ogni catastrofe ognuno lancia soluzioni. In questi mesi va molto l’idea di piantare foreste, abbiamo capito che non basta chiedere al sistema industriale di inquinare meno, va anche trovato un modo per eliminare i gas nocivi già presenti e così, mentre le industrie si affannano a trovare sistemi artificiali per sfruttare fino all’ultimo anche questa occasione, altri si ricordano che le piante lo fanno da sempre e lanciano campagne per difendere e aumentare alberi e foreste. Con un perfetto tempismo, le più grandi foreste del pianeta vanno letteralmente in fumo. Al primo posto l’Africa, con il 70 % del totale degli incendi, poi l’Amazzonia, la Siberia, la Groenlandia. Ma mentre si discute cercando colpe, parlando di complotti e polmoni verdi, il vero problema sta altrove. Prendo a prestito le parole di un post di Matteo Meschiari: “stanno bruciando ecosistemi irripetibili, epopee botaniche e zoologiche, misteriose biblioteche biochimiche, società complesse di non-umani, regni di senza-nome, tassonomie non registrabili, romanzi indios mai scritti, saggi orali conservati nel permafrost, leggende preverbali, vite. Sarebbe come se bruciasse la Biblioteca Vaticana e si parlasse unicamente di "cellulosa", "pergamena", "inchiostro", "pelle", "schedari", "scaffali", "estintori".” Anche il sonnolento mondo della letteratura si è finalmente accorto dell’importanza delle piante e nel 2019 il Pulitzer è andato a un romanzo che parla di foreste.
“Società complesse di non-umani.” Questa può essere una maniera scientificamente corretta di immaginare il mondo vegetale. Negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli studi sulle piante e in particolare su quella che potremmo definire la loro “coscienza”. Il dato interessante è che ormai è innegabile che possiedano una qualche forma di intelligenza anche se non sono dotate di un organo centralizzatore come il cervello, cosa che fa scaturire una serie di domande e considerazioni. Primo, non è necessario avere un cervello per possedere una coscienza. Questo dato apre una girandola di possibilità che, spingendo solo di poco l’acceleratore dell’immaginazione, apre la facoltà di pensiero ad altri sistemi organizzati non dotati di cervello. L’altro è che probabilmente dovremmo considerare le piante come portatrici di una vera e propria intelligenza aliena, senza doverla andare a cercare in fantascientifiche ipotesi extraterrestri.
Tra gli ultimi lavori che affrontano la sensibilità del mondo vegetale, c’è La mente delle piante, di Umberto Castiello, professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia fisiologica nel Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova. Il libro, uscito nel luglio 2019 per Il mulino, ha come sottotitolo Introduzione alla psicologia vegetale, e si potrebbe definire un piccolo manuale di nuova botanica, dove vengono riassunte le ultime ricerche sulla sensibilità delle piante, dai loro sistemi di percezione alla vita sociale. Veniamo così a sapere che, in un modo ancora non totalmente chiaro, le piante non solo possiedono facoltà analoghe ai nostri cinque sensi, ma che la loro sensibilità è a volte molto più acuta e precisa. Le piante non solo si muovono ma vedono e hanno preferenze musicali, il canto degli uccelli per esempio determina un aumento dei germogli della zucchina, la rosa cinese fiorisce meglio e allunga i rami quando ascolta musica classica indiana, mentre sembra non gradire la musica rock, anche se lo studio non specifica se le abbiano fatto ascoltare i Motorhead o i Pink Floyd. Hanno un senso del tatto dieci volte maggiore del nostro e anche con l’olfatto non scherzano, il gas etilico ad esempio ha la capacità di far maturare qualsiasi frutto.
Una delle capacità che le piante hanno dimostrato di possedere è la memoria. Possono conservare informazioni e riattingervi dopo un tempo variabile. Ma tra le proprietà più straordinarie c’è la capacità di interagire non solo con le altre piante, ma con gli animali. Sono in grado di mettere in atto delle vere strategie di sopravvivenza chiamando in causa soprattutto gli insetti. Il melo, ad esempio, quando viene attaccato dagli acari è in grado di mandare messaggi aerei che attraggono acari di una specie nemica di quella che li sta distruggendo, provocando una vera guerra fra insetti. Ma è sottoterra che si svolge la vera vita segreta delle piante. Una rete di funghi collegata alle radici fa in modo che queste possano chimicamente comunicare a distanza e aiutarsi o distruggersi a vicenda. Dimentichiamoci della bucolica visione delle pianticelle tutte fiorelletti e sorrisi che formano l’immagine di una natura armoniosa e in pace. Specialmente fra specie simili, la lotta è aspra e combattuta con armi chimiche. Se a una pianta non va bene una vicina, farà in modo di emettere sostanze che faranno morire la malcapitata senza tanti complimenti.
Sembrano comportamenti umani, ma forse sarebbe più corretto dire che sono i comportamenti umani a essere simili a quelli vegetali. Anche solo considerando l’ordine temporale, non c’è paragone fra la comparsa della vita vegetale e quella umana. Ci sono comportamenti vegetali che hanno milioni di anni. Un esempio. Tra la pianta di manioca e una specie di farfalla c’è un patto che dura da 40 milioni di anni. La manioca può essere impollinata solo da quel tipo di farfalla e la farfalla deposita le uova unicamente nei semi della manioca. Nessuno dei due sopravvive senza l’altro. Ma nessuno dei due può esagerare. Se una farfalla deposita troppe uova, la pianta farà morire il fiore che contiene i semi. Patti chiari, amicizia lunga. Lunga quaranta milioni di anni. Almeno fino al prossimo incendio.