Operina di buon augurio per il nuovo anno / Canto del monaco Silvano
Giuliano Scabia tutti gli anni, dal 1976, scrive un’operina per gli amici, che stampa a proprie spese. La spedisce per posta ma soprattutto, quasi sempre, la porta personalmente, con complici musicanti e recitanti, nei paesi dell’alto Appenino reggiano che nel 1974 visitò con la commedia e la compagnia del Gorilla Quadrumàno e dai suoi amici di Padova, Bertipaglia, Pontemanco Due Carrare, Venezia, Firenze, Este, San Miniato al Tedesco, Vaiano – La Briglia e altri luoghi. L’operina di buon augurio di quest’anno, riccamente illustrata da Riccardo Fattori come varie altre, la regala anche ai lettori di “doppiozero”. In questa riproduzione vedrete solo alcuni dei disegni, che nell’originale contrappuntano di continuo, in modo graficamente emozionante, i testi.
Su per le valli, verso il passo di Pradarena, profondo è il silenzio.
È notte – le stelle sono vicine.
Ben disegnate si vedono le costellazioni:
Orione con la cintura, la spada e i due cani, le due Orse, il Toro.
Ma ecco che, lontano lontano, sorge un canto.
IL CANTO
Fra queste foreste, e notte, e cielo
sono arrivato da poco, io – il monaco Silvano.
O tempo – carissimo tempo,
da poco sei cessato – per me.
Niente ti fermava finché ero vivo:
ma adesso ti ho oltre passato – finalmente.
Sono nell’altra vita –
quella che non finisce mai – quella
in cui ho sempre creduto, in cui credo,
eterna.
DICE IL CIELO STELLATO
Niente è fuori dal tempo
tranne l’illusione dell’eterno.
Le parole del Cielo Stellato vanno per le faggete, le valli e i monti – e se ne beano.
DICE LA NOTTE
Ho ascoltato il tuo canto, monaco:
io sto passando e tu no. Così credi.
DICE LA CORONA DI MONTI
Nel tempo siamo sorti
e siamo, col tempo, cambiati.
Tu, che credi di essere fuori dal tempo,
pensi di non cambiare più?
DICE L’ACQUA DEL RIO RE
La mia felicità è scorrere: sono viva
nel tempo della mia corsa.
DICE, LONTANISSIMA, L’ORSA MINORE
Noi costellazioni siamo figure
immaginate dagli uomini:
se ci vengono vicino
non ci trovano più.
DICE ORIONE CACCIATORE
Anche noi – che non esistiamo –
siamo figure immerse nel tempo.
DICE IL TEMPO
Niente è fuori dal tempo:
anche l’eterno è pensato nel tempo.
DICE L’ORSA MAGGIORE
L’orgoglio degli uomini è dare il nome
a tutto ciò che credono di vedere:
anche all’eterno – per consolazione.
DICE LA NOTTE
Una volta, all’inizio,
nel tutto ancora senza forma
è sorto un vento:
e il vento ha generato il tempo,
e il tempo ha generato i nomi, e tutto.
DICE IL VENTO
Eccomi – tutto l’universo
vola con me fin dall’inizio…
canta ancora, monaco…
VOCE DEL MONACO SILVANO
Ti aspettavo, vento –
so da dove vieni –
o vento del mondo
guidami.
Ora il monaco Silvano appare. È grasso, zoppica. Ha luce. E sul passo ecco sorgere un cavaliere col mantello marron, il cappello con la frangia – con lui viene il cavallo Benenghéli.
DICE IL CAVALIERE
Amico, fratello monaco:
sei di là, per sempre.
DICE IL MONACO SILVANO
Per sempre.
DICE IL CAVALIERE
Vuoi dire: eternamente?
DICE IL MONACO SILVANO
L’eterno è il mio Signore.
È Dio.
DICE IL CAVALIERE
Sei sicuro? Vedrai il tuo Dio?
DICE IL MONACO SILVANO
Sono sicuro. Lo vedrò.
Ora, piano piano, compaiono i cavalieri. Sono tantissimi, riempiono il crinale e i boschi. Alla Tavola Rotonda, davanti alla casa della sera, non va a sedersi nessuno. Ma ecco che dalla valle arriva un branco di oche.
PRIMA OCA
Quà quà!
SECONDA OCA
Quaquaraquà!
TERZA OCA
Quà!
QUARTA OCA
Siamo un branco di sceme.
Mentre altri parlano di cose eterne
noi sappiamo solo dire quaquaraquà.
QUINTA OCA
A me piacerebbe diventare uomina.
SESTA OCA
Anche a me: a scopo magari fare turismo
SETTIMA OCA
E magari mangiare qualche carne umana.
OTTAVA OCA
Ma dai, è carne pericolosa.
Non vedi come sono ingordi gli uomini?
Dai retta, sono pieni di veleni e pesticidi,
rischiamo di diventare come loro, mangiandoli.
NONA OCA
Come mai siamo arrivate quassù?
DECIMA OCA
Perché siamo oche –
abbiamo poca testa.
UNDECIMA OCA
Avete sentito quel canto?
Com’era bello!
DODICESIMA OCA
E come mai il monaco dice di essere andato di là?
TREDICESIMA OCA
Già – di là dove?
QUATTORDICESIMA OCA
Cos’è questo di là?
QUINDICESIMA OCA
Gli uomini hanno cose che noi non abbiamo.
SEDICESIMA OCA
Cosa?
Le oche arrivano alla Tavola Rotonda e vi prendono posto.
DICE IL CAVALIERE
O cavallo – le oche
diventano cavalieri –
perché non vai anche tu?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Che onore!
E che divertimento!
Va a sedersi. I posti adesso sono tutti occupati.
PRIMA OCA
Ci fosse un po’ di pastone
sarebbe un bel merendare.
SECONDA OCA
Ma cosa ci fa qui tutta quella gente?
TERZA OCA
L’umanità è proprio matta.
Vengono qua in pieno inverno, col freddo.
A fare che?
Eh, cavallo, a fare che?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Oche care – il bello del mondo è che
a ogni momento può succedere…
non si sa cosa può succedere.
Per esempio che voi oche diventate
cavalieri della Tavola Rotonda
e io magari re.
QUARTA OCA
Bello, bellissimo –
ma cosa vuol dire
cavalieri della Tavola Rotonda?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Che tutto – ma proprio tutto –
è possibile –
basta immaginarlo.
TUTTE LE OCHE
Oh! Veramente?
Oh!oh!oh! Veramente?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Veramente.
QUINTA OCA
E allora io voglio immaginare…
voglio immaginare…
non so cosa immaginare…
SESTA OCA
Anch’io voglio immaginare,
ma cosa?
SETTIMA OCA
Aiutaci, cavallo.
Sei magico?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Qui tutto è magico.
Vedete – quelli –
là nel bosco, qua intorno,
sono tutti maghi.
LE OCHE
Ooooooooooh!
Maghi! Maghi!
Oh!oh!oh!oh!
OTTAVA OCA
E fanno magie?
DICE IL CAVALLO BENENGHÉLI
Altroché.
NONA OCA
Magie! Magie!
TUTTE LE OCHE
Magie! Magie!
Oh!oh!oh!oh!
DICE IL CIELO STELLATO
Ecco – come sempre
adesso sta per avvenire
la magia del tempo e dell’eterno.
Il monaco canta…
IL MONACO SILVANO
Quando ero bambino,
in riva al mare,
aspettavo. Sì.
Aspettavo te, mio Dio.
Il mio corpo nudo
entrava nel mare: e là
sentivo la bellezza
del tuo corpo, mio Dio:
il tuo corpo di madre.
E capivo che tutto, nel tempo,
era il tuo corpo, il corpo eterno.
E sentivo che ero un seme
che stava sbocciando in te:
e che mi preparavo a tornare
nel tuo corpo – mio Dio,
Padre mio, Madre mia.
DICE IL CAVALIERE
Io non credo all’eterno – né al tuo Dio.
Ma il tuo canto è meraviglioso,
potente come il vento.
IL MONACO SILVANO
Il vento – fratello caro –
è lui l’eterno.
Non lo senti?
Non vuoi capirlo?
Non puoi?
Nel mio corpo, nel mare, nei boschi
ho costruito la mia fede.
Io credo, spero
di incontrarlo Dio,
il mio Dio, l’Eterno.
Ora le oche starnazzano. Sembrano ridere.
PRIMA OCA
Che paroloni hanno gli uomini!
SECONDA OCA
E che Dio esagerato!
TERZA OCA
Qua qua quaquaquaraquà!
QUARTA OCA
Oche oche eternità!
TUTTE LE OCHE
Quaquaraquà! Quaquaraqua!
Oche oche eternità!
IL CAVALLO BENENGHÉLI
Un po’ di rispetto, oche:
poveri uomini,
la fede è la fede.
Voi oche non potete capire.
PRIMA OCA
E tu?
Ora i cavalieri si sono fatti intorno alla Tavola Rotonda, vicini vicini, e sorridono divertiti. Si vedono re Artù, Sveno, il paladino Orlando, Cucù del cavallo azzurro, Clorinda, Minghìn da Murmré, Eneide, Carlo Magno, Aurora, Majakovski, Andrea del Soligo, Mario dell’Altopiano, Guido il violoncellista, Lorenzo, Celeste, Cecilia, Rosina, Franco dei matti, Diva, Aurora, Giansoldati, il monaco del Tibetù, Gesù ragazzo, Budda ragazzo, Sean Connery, Lino Casanova, Gigi Proietti, Nando Taviani, Marco Santagata, Marco Cavallo e tanti altri, tanti, tanti.
SECONDA OCA
Cos’è successo agli uomini quest’anno
che girano mascherati?
TERZA OCA
Mistero.
QUARTA OCA
Sono un po’ matti, gli uomini.
QUINTA OCA
Dev’essere la moda.
SESTA OCA
La moda è figlia del tempo.
SETTIMA OCA
Noi siamo alla moda?
OTTAVA OCA
Ma dai – oca sei, per sempre.
NONA OCA
Per sempre?
Qui viene un po’ di silenzio – fino al cielo.
DICE IL CIELO STELLATO
Essere per sempre – perché?
DICE LA NOTTE
Niente è per sempre.
DICE IL CAVALIERE
Ma il monaco dice che l’eterno è per sempre.
DICE LA CORONA DI MONTI
Dice – ma sono parole.
DICE LA PRIMA OCA
E se avesse ragione lui?
DICE IL VENTO
Chi ha ragione?
Lui, io, il tempo…
DICE ORIONE CACCIATORE
Esistere senza esistere realmente
come noi costellazioni:
che sia questa la beatitudine?
DICE L’ORSA MAGGIORE
Sì – pur non esistendo che immaginata
per chi mi vede sono una figura di luce.
DICE L’ACQUA DEL RIO RE
Scorrere sempre è la mia felicità…
DICE LA NOTTE
Sempre – per sempre…
DICE IL MONACO SILVANO
Sempre – per sempre –
infinito è il mistero del sempre –
l’eterno non finisce mai di rivelarsi.
DICE IL CAVALIERE
La fede è più potente del tempo –
ma fuori dalla tua fede ci sarà l’eterno?
DICE IL MONACO SILVANO
Ti voglio fare un dono, cavaliere:
il dubbio che l’eterno esista…
DICE IL CAVALIERE
Il dubbio?
LE OCHE, CANTANDO
Qua qua qua quaquaraquaquà.
Noi oche all’eterno si va
senza fede ma col fois gras: ma, ma, ma
il dono del dubbio anche a noi resterà?
Quaquaraquaquaquaraquaquà.
DICE LA NOTTE
Quante voci, il mio buio è pieno di voci…
DICE IL TEMPO
Sì, forse un giorno ti raggiungerò, eterno:
diventerò te.
Ma la mia gioia, per ora, è correre, passare, perdermi:
inesorabilmente.
In mezzo alla Tavola Rotonda è sbocciato un piccolissimo ramo verde. Il cielo stellato, le costellazioni, la notte, la corona di monti, il rio Re, le oche, il cavaliere, il cavallo Benenghéli e tutti i cavalieri lo guardano con amore, incantati.
Piano piano il ramo cresce – e fiorisce.
DICE IL TEMPO
Eccolo il re del mondo.
È il tempo che lo fa fiorire,
di nuovo, sempre, per sempre.
CANTA IL MONACO SILVANO
Sempre – per sempre –
oche, cavallo, cavaliere, tempo,
cielo stellato, corona di monti,
costellazioni, vento
da qui vi osservo passare
vi ascolto parlare.
IL CIELO STELLATO, LA CORONA DI MONTI, LE COSTELLAZIONI, IL RIO RE, IL CAVALLO E IL CAVALIERE CANTANO
Sempre immersi nel tempo
voi ormai fuori dal tempo
noi stiamo ad ascoltare:
chi siete? dove siete?
Misterioso, tremendo, meraviglioso
è del tempo l’infinito andare.
LE OCHE
Quaquaraquà, quaquaraquà,
che discorsoni l’umanità!
Che cervelli! Che cervelloni!
E noi oche intanto si va
quaquaraquà quaquaraquà
sempre in padella sempre si va!
Povere oche, quaquaraquà.
Dal Teatro Vagante, dicembre 2020
IL MONACO SILVANO
(Silvano Maggiani, 1947-2020)
Nel 1979 un gruppo di uomini di teatro, scrittori, studiosi, attori e liturgisti si riunirono per quattro giorni prima a Pontedera e poi all’eremo delle Stinche a Panzano in Chianti, ospiti di Giovanni Vannucci, servo di Maria, a interrogarsi sul reciproco fare. L’incontro si chiamò La presenza del fare. Teatro e liturgia, e io ero uno degli invitati. Le domande non riguardarono il credere o non credere, ma il fare teatro e fare liturgia. Fui fortemente colpito dall’incipit della relazione iniziale di un giovane frate, Silvano Maggiani, che insieme al regista Paolo Pierazzini del Centro per la ricerca Teatrale di Pontedera aveva organizzato l’incontro: Eccolo: “Il pre-testo che a questo (come chiamarlo: avvio, proemio, rito iniziale) ha suggerito tracce di una pista, che per quanto mi riguarda è culturalmente unico ed ineludibile: il Verbo si è fatto carne (O logos sarx egeneto). Da questa mia coscienza esperienziale si dipaneranno delle tracce che devono essere considerate arabescate come dal personaggio di un racconto.
L’autore attore ha vissuto la sua lenta iniziazione sulla spiaggia, là dove il mare è vicinissimo e il piede è sicuro, là dove la sabbia è continuamente purificata da tutte le ferite e sente il bisogno di denudarsi, là dove sale un rumore profondo e complesso… Là fra l’immersione e la contemplazione ha imparato a conoscere che “in principio” il Logos non è soltanto Verbum raziocinante, ma parola creativo-communionale e anche azione; che l’incarnazione del Logos nella sarx è armonica epifania di quella unitaria triade e che da questa armonia nasce l’avventura cristiana. Egli ha anche imparato a conoscere i tradimenti, le distorsioni, le alterazioni storiche dell’avventura; ma proprio perché negazioni richiamano ben precise responsabilità. Il prolungamento della spiaggia ha dato vita ad una Marina ricca di umanità, anarchica, complessa e giovane come le Apuane che la riparano. Là egli ha vissuto nel corpo e nello spirito il continuum dell’iniziazione.” Il 26 e 27 dicembre 2001 (l’anno delle torri gemelle) ero stato a Marmoreto con Paolo Pierazzini a fare l’Operina del cervo e dell’aurora. Tornando siamo passati dal Cerreto per scendere su Marina di Carrara e fare un’improvvisata, per strada, a Silvano, recitando sulla soglia di casa sua – era là per le feste, di solito stava a Roma, priore della Pontificia Università Marianum. Con Silvano ho dialogato sempre, sempre gli mandavo le operine e i canti e lui me li rimandava riscritti dal punto di vista dello Spirito Santo. Era una persona luminosa, profonda, positiva, costruttore di futuro. Non lo aiutava il corpo, troppo pesante – ma era capace di volare.
Tante volte ci siamo incontrati: a Roma, alle Stinche, nelle mie camminate teatrali, nei boschi, a Firenze, a Venezia. Ha fatto le liturgie di Pasqua per papa Woytila e per Francesco –sempre con umiltà e povertà. È stato a servizio della sua chiesa e della sua comunità – e dei suoi amici, d’ogni lingua, fede, non fede e colore – come Vannucci, Turoldo – e più lontano nel tempo, il servo di Maria Beato Angelico. Non era un potente, ma un ricercatore accogliente. Ecco perché nel Canto il suo alter ego monaco Silvano è accolto da tutti i cavalieri della Tavola Rotonda riuniti per il passaggio dell’anno, come da sempre, sul passo di Pradarena.
(dicembre 2020 – originale stampato da Quinta Classe – in 300 copie numerate – per conto di Giuliano Scabia e Riccardo Fattori).