Stella di Natale / Flor de la Nochebuena
A Natale tutti ci portiamo un poco di Messico in casa. Anche Donald Trump.
Fu il primo ambasciatore degli Stati Uniti d’America negli Stati Uniti Messicani, Joel Robert Poinsett, a esportare nel 1825 il fiore scarlatto che porta il suo nome – Poinsettia – nota al volgo come Stella di Natale ma che gli schedari botanici classificano come Euphorbia pulcherrima. Da allora l’invasione dell’essenza messicana nei mercati mondiali della fiera natalizia è stata inarrestabile: le serre ne clonano a milioni, una distribuzione capillare raggiunge il fioraio più sperduto. Ogni anno, nella gamma dal bianco al rosso, una screziatura nuova, più vistosa o insolita; ogni anno passate le feste, la nostra Poinsettia deperisce negli appartamenti e, come l’abete di rappresentanza, finisce nella pattumiera comunale.
Tra le numerosissime specie della famiglia delle Euphorbiaceae questa è davvero la più appariscente per la girandola rossa che tra novembre e dicembre compare all’apice dei rami sul verde intenso e geometrico delle foglie. I fiori in realtà sono i piccoli ciazi gialli al centro della raggiera fiammante delle lunghe brattee – spesso scambiate per petali – incise al mezzo da una rilevata nervatura.
Non è facile conservarla e vederla rifiorire l’inverno successivo: va potata, rinvasata, concimata, collocata lontano da fonti di calore in ambienti tra i 14 e i 22 gradi. È una pianta brevidiurna, perciò va esposta alla luce naturale e indiretta per poche ore, poi al buio per il resto del giorno. Nelle regioni mediterranee possiamo invece vederla attecchire in piena terra quasi come in Messico, dove vegeta spontanea e rigogliosa in arbusti alti fin quattro metri.
Furono i frati missionari a sfruttarne disponibilità e bellezza per ornare le chiese durante le celebrazioni della natività. Da qui il fiorire anche di natalizie leggende popolari. La più diffusa racconta di una vigilia di Natale e di una povera niña in pianto perché nulla aveva da regalare a Gesù; un angelo comparve a suggerirle di offrire in dono le umili erbe del campo che, deposte ai piedi del bambinello, si trasformarono nelle splendenti stelle rosse dell’Euphorbia pulcherrima. In Messico è infatti nota come flor de la nochebuena ma molti sono i nomi con cui è annoverata nei diversi stati dell’unione messicana e del Sudamerica. Il più suggestivo è quello originario in lingua Náhuatl: Xuetlaxóchitl, fiore di cuoio, forse per la consistenza delle foglie, o fiore che appassisce in fretta (flor que se marchita). E in lingua Náhuatl è scritta la poesia di Juan Hernández Ramírez (Veracruz 1951), qui nella versione in spagnolo:
Xuetlaxóchitl (Nochebuena)
Xuetlaxóchitlan
incendio de estrellas,
iridiscencia del corazón.
Encendida llama
sus hojas de arena.
Gota de sangre regada,
rosa de la hoguera.
La flor,
no ha sido luna solitaria,
sus rojas alas
se despliegan.
Sobre la nieve del mundo
una gota de sangre.
Hay un sol de pétalos.
Canta la flor
al poeta de la tierra
sus raíces de piedra.
El viento arrastra
las hojas
del otoño.
Tierra húmeda de raíces.
Kuetlaxochitlan,
incendio di stelle,
iridescenza del cuore.
Accesa vampa
le sue foglie di sabbia.
Sparsa goccia di sangue
rosa dei roghi.
Il fiore,
non è stato luna solitaria,
si dispiegano
le sue ali rosse.
Sulla neve del mondo
una goccia di sangue.
C’è un sole di petali.
Il fiore canta
al poeta della terra
le sue radici di pietra.
Il vento trascina
le foglie
dell’autunno.
Terra umida di radici.
Gli Aztechi usavano l’estratto delle brattee per tingere pelli e stoffe, e il lattice – caratteristica del genere – come cicatrizzante naturale. Era anche pianta dei rituali: il rosso vivo ricordava il sangue dei guerrieri ed era simbolo di rigenerazione. Oggi è il fiore dell’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma. La nostra stella di Natale ha più senso se acquistata a un banco dell’AIL, se ci impegniamo a mantenerla in vita con le cure necessarie.