Il problema delle due serie
Oltre quattrocento pagine del primo dei tre romanzi della trilogia di Liu Cixin pubblicata da Mondadori; 30 episodi della serie tv cinese prodotta da Tencent (Three Body, visibile su Rakuten-Viki sottotitolata dai generosi anonimi volontari Turkeys in the Dark Forest), 8 episodi della serie tv prodotta da Netflix (3 Body Problem 2024): chi ha attraversato per intero questo sterminato storytelling avrà certamente sofferto di alcuni momenti allucinatori. Ma uno ce la può fare. Quando se ne esce si è pronti a proseguire nel secondo e nel terzo romanzo del genio della fantascienza cinese, oppure ci si può fermare dove si sono fermate per ora le due serie tv. Tutto è molto chiaro, in merito agli esseri umani e al pianeta Terra; quella che verrà sarà una saga interstellare. Altra roba, sarà una “space opera”.
Verità cinesi
Liu Cixin è nato nel 1963 in Cina, e vive in Cina. Non aspettatevi che nelle sue svariate interviste in giro per il mondo dica qualcosa che critichi il Partito Comunista Cinese al potere dal 1949 nella Repubblica Popolare Cinese. Fece pure un tweet di supporto alle spietate politiche di “rieducazione” in corso nella regione dello Xinjiang, di cui sono vittime da anni gli Uiguri musulmani. Non è possibile fare opposizione, in Cina, si sparisce nei gulag, dicono. Cixin è una gloria nazionale, e il suo romanzo sulla storia recente della Cina non è andato per il sottile, ma ha superato la censura letteraria. La serie tv Tencent, invece, pensando a un’audience giovanile e di massa, ha ammorbidito e di molto la verità sulla crudeltà inaudita dei dieci anni della Rivoluzione Culturale 1966-1976; nel 1976 muore Mao Zedong, e comincia il camaleontismo capitalistico del PCC che ha portato ai giorni del comando assoluto di Xi Jinping dal 2012. La trilogia Il problema dei tre corpi viene pubblicata in Cina dal 2006 al 2010; nel 2015 la trilogia vince il l’Hugo Award (oscar della fantascienza ispirato a Hugo Gernsback, fondatore nel 1926 della prima rivista di fantascienza al mondo, “Amazing Stories”). Cixin dice che la fantascienza in Cina non ha il successo commerciale che ha negli Stati Uniti e in Europa. La serie tv 2023 tratta dalla sua trilogia è di fatto la prima grande produzione cinematografica cinese di fantascienza; e che sia la prima si vede in molte ingenuità: la CGI del videogame, ad esempio, è piuttosto goffa e poco convincente; così come in generale sono piuttosto elementari i VFX; gli attori “occidentali” sono pessimi, clamorosamente amatoriali, al punto che uno dei ruoli principali, quello di Mike Evans, l’ecologista che fa scoprire a Ye Wenjie il primo vero saggio ecologista occidentale (Primavera silenziosa di Rachel Carson, 1962) e che poi diventa l’anima nera della cospirazione terroristica terrestre ETO (Earth-Trisolaris Organization), è affidato a un certo Kenan Heppe, un tizio laureato in chimica che vive a Los Angeles e che parlando un perfetto mandarino è una celebrità sul web e nelle tv in Cina!!! mentre nella serie Netflix il terrorista ecologista Evans è portato a giganteggiare da Jonathan Price. Ma il resto della lunga, lenta, mai noiosa, intensa, struggente, deprimente narrazione, il progressivo disvelamento dei numerosissimi personaggi dei romanzi di Cixin, è recitato e girato magistralmente da Yang Lei e Vincent Yang, registi della serie tv cinese, intitolata San Ti, ovvero “Tre Corpi”.
Se volete saperne di più sulla situazione del genere fantascienza in Cina in questi ultimi decenni e anni, leggete l’articolo di Alberto Mittone del 2020, e ascoltate il podcast di Simone Pieranni di poche settimane fa.
Tutta colpa di Ye
Il problema dei tre corpi ve lo spiegherà meglio un astrofisico, ma detto spudoratamente in due parole si tratta di un povero pianeta che deve orbitare per l’eternità intorno a tre stelle, non ad una sola come la fortunata Terra. Ne derivano infinite catastrofi per il pianeta, ora bruciato, ora congelato, ora disintegrato… Questo accadrebbe nella costellazione Alpha Centauri, realmente vicina al nostro sistemuccio stellare, soli 4.364 anni luce e realmente costituita da tre stelle, una nana gialla, una nana arancione e una nana rossa. Se lì ci fosse un pianeta, sarebbe messo molto male. Cixin racconta che dopo centinaia e centinaia di civiltà “trisolari” ovvero “san ti”, gli extraterrestri di quello sventurato sito si sono rassegnati a non trovare una soluzione per prevedere le infinite variabili della loro orbita planetaria, hanno messo su una flotta interstellare e sono partiti destinazione Terra. Perché? Tutta colpa di Ye Wenjie.
Ho pensato di limitare a tre i confronti tra due personaggi narrati in romanzo/serie cinese/serie americana una analisi della immensa materia narrativa.
Le due “anziane” Ye Wenjie
Inizio dichiarando che il pilot della serie Netflix è epocale: gli showrunner David Benioff, D.B. Weiss e Alexander Woo (i primi due avevano già sceneggiato l’immensa materia letteraria di George R.R. Martin per Games of Thrones) hanno condensato in 8 episodi quello che lo sceneggiatore Tian Liangliang ha distillato molto fedelmente al romanzo di Cixin in 30; eppure la sequenza iniziale Netflix è fedele alle prime pagine del romanzo di Cixin; non si era mai vista al cinema una rappresentazione così realistica del delirio di massa della Rivoluzione Culturale: la giovane Ye Wenjie, promettente scienziata, assiste trattenuta dalle Guardie Rosse al martirio sul palco del padre, fisico dell’Università Tsinghua di Beijing, incluso il rinnegamento della madre scienziata nei confronti del padre. Solo così possiamo capire il personaggio-chiave di tutta la storia; annidata nella lunga, umiliante e penosa “riabilitazione”, Ye costruirà intorno a sé un’armatura di dolore e silenzio, diventerà nel tempo la nonnina pensionata enigmatica, blindata, levigata che poco a poco svelerà tutto al “buono” della serie, il ricercatore Wang Miao, capo di un istituto di nanotecnologie governativo, confessandosi Comandante dell’ETO. Solo così possiamo capire perché un giorno, dalla sala di controllo della torre radio astrofisica nella desolata Cina del nord-est dove si è murata viva, ha risposto al messaggio interstellare dei San Ti, per “rieducare” l’intera crudele e caotica umanità. L’attrice Chen Jin della serie cinese è superba, sorride un paio di volte in 30 ore, e Rosalind Chao nella serie Netflix è tra i personaggi rimasti più fedeli a Cixin.
I due nanotecnologi
Il personaggio di Wang Miao nella fedele serie cinese è interpretato dall’attore Edward Zhang; il bravo padre di famiglia per centinaia di pagine in Cixin è prima incredulo, poi sclera quando i San Ti lo prendono di mira con il loro “sofone”, poi è attonito, poi pensa e pensa e pensa, poi gioca ore e ore al videogame ETO, e cresce mano a mano che il vero eroe popolare ed epico cinese, ovvero il poliziotto ex militare Shi Qiang, lo tormenta, interroga, stimola, spinge a dialogare sempre più con Ye Wenjie, sbrogliando l’immensa matassa incomprensibile. Un personaggio davvero curioso, per noi occidentali, il cinese modello: onesto, obbediente, premuroso, gran lavoratore, sensibile, rispettoso, umile…
Gli showrunner americani fanno a pezzi questo bel personaggio e lo sostituiscono con un’altra nanotecnologa, Auggie Salazar, con una parte scritta su misura per la certamente splendida Eiza Gonzalez. Ma non funziona per niente. Come non convince per niente tutta l’altra invenzione del pentagono di “friends” su cui si impernia gran parte di Three Body Problems: gli ex Game of Thrones necessariamente ne devono ammazzare già due, quasi tre, in pochi episodi, dei cinque amiconi, così come fecero per il fantasy di Martin, per sfoltire una troppo affollata tavola dei personaggi. Queste varianti forzate porteranno a un mare di guai i tre showrunner nelle stagioni che verranno, tratte dal secondo e terzo tomo della trilogia di Cixin. Lascio però alla serie americana il primato assoluto nella CGI del videogame: le sequenze trisolariane sono fenomenali.
I due poliziotti
Shi Qiang è il deus ex machina di San Ti: nel romanzo e nella serie cinese (dove lo interpreta un bravissimo Yu Hewei). Sono certo che sia anche il preferito del pubblico cinese, perché è di umili origini, rozzo tra raffinati scienziati, simpatico nel dispettoso rapporto con il suo impassibile generale Zhang (altro “modello” di cittadino), dice le parolacce, fuma in continuazione, mangia voracemente e rumorosamente, invece del the beve una bottiglietta dopo l’altra di erguotou (liquore distillato a base di sorgo, la “vodka cinese”). Nella serie Netflix lo interpreta Benedict Wong, cinoamericano, ma la sceneggiatura dei tre showrunner rimpicciolisce davvero troppo Shi Qiang: Wong fa un poveraccio, con un figlio scemotto e velleitario, il suo rapporto con il generale è molto subalterno, e il suo ruolo-chiave in Cixin è del tutto smontato.
Detto questo, volevo concludere con una citazione dal romanzo Liu Cixin, scrittore molto interessante (noioso nelle pagine e pagine di elucubrazioni matematico-astrofisiche, ma dovrebbe dire la sua un lettore matematico-astrofisico). Vale la pena di leggere il suo Problema dei tre corpi anche soltanto per conoscere il personaggio di Ye Wenjie, che attraversa ere cruciali per la storia cinese, e che ci rivela che i cinesi sono persone come noi occidentali, buone e cattive in una stessa vita, anche se i nostri sistemi politici sono incompatibili e siamo immersi in una propaganda anticinese noi e antioccidentale loro:
«È impossibile aspettarsi il risveglio di una coscienza morale da parte dell’umanità, così come è impossibile aspettarsi che gli uomini spicchino il volo tirandosi i capelli verso l’alto. Conseguire il risveglio di una coscienza morale richiede l’intervento di una forza esterna a quella della razza umana”. Questo pensiero determinò la direzione dell’intera vita di Ye».