La materia sognata di Eleonora Lombardo
Sexagenari depontani: nella memoria di Eleonora Lombardo, che, per Sellerio (Palermo, 2024), ha di recente pubblicato il romanzo Sea Paradise, deve avere risuonato questa millenaria leggenda. Essa rimbalza dai classici latini (una feroce ironia oratoria di Cicerone, i versi sonori di Ovidio …) fino agli Adagia di Erasmo da Rotterdam e non si è mai potuto accertare se, a suo fondamento, ci sia stato un fatto realmente accaduto (in modo ancora più banale, un uso codificato) o il coagulo mitico di un sentimento giovanile permanentemente rabbioso e a suo modo ben giustificato; se si tratta, in altre parole, solo di una sublimazione dell’eterno conflitto generazionale.
Nella Roma antichissima, i sessantenni e oltre? Giù dal ponte… E certamente non per la loro igiene. Per l’igiene di un ordinato procedere delle scelte politiche e del futuro della cosa pubblica.
Con il metodo, semplicissimo, agli ormai inutili anziani sarebbe stata così tolta la possibilità di influenzare tale futuro con i loro voti. Del resto, di quanto ancora avrebbero potuto goderne? E a buttare giù dal ponte un vecchio, di conseguenza, nessun rilievo penale.
La leggenda tace delle vecchie: esenti? Privilegi dell'irrilevanza, oggi molto sottovalutati. Ammesso si trattasse di una irrilevanza. C’è da dubitarne: nella convivenza umana, non c’è sistema che non sia complesso e multistratale, tale insomma da annidare rilevanze cruciali sopra livelli diversi, non tutti necessariamente palesi.
Lombardo ha in effetti fatto studi classici, prima di avvicinarsi a una pratica attiva della letteratura (anni fa, allieva all’uopo della scuola di Baricco) e di dedicarsi professionalmente al giornalismo (culturale). Sea Paradise è il suo secondo romanzo.
Il primo, La disobbedienza sentimentale (Cairo, Milano 2019), aveva la facies di un Bildungsroman. Come tale, con scrittura sorvegliata, era declinato al femminile, quanto al genere, e al singolare, quanto al numero. Per un romanzo di formazione anche i dati contestuali, spaziali e temporali, se non propriamente anagrafici, hanno però il loro rilievo. Si trattava dunque di un femminile siciliano venuto al mondo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta del secolo scorso. E giunto a una matura giovinezza nella Palermo del primo decennio del presente. Una crescita, se non abortita, certo contrastata per via di relazioni e di contesto, ma una crescita.
Non sono passati molti anni e altri pensieri devono essere frattanto maturati nel foro interiore di Lombardo, come si vedrà, perché mettesse mano e portasse a termine la sua seconda opera d’invenzione che, è appena il caso di dirlo, ribadisce la scelta di genere, ma non costantemente quella di numero, perché passa dal singolare al duale, per risolversi finalmente in un nuovo singolare.
Ci si intenda: un duale asimmetrico. La narratrice, intradiegetica, si esprime - è naturale che sia così - come io, ma il viaggio che narra, fino appunto alle pagine estreme, è l’esperienza di un doppio. Elvira e Amanda, un’insegnante e un’attrice, la prima sana, vedova, la seconda, mai sposata, già preda di una leggera forma di demenza senile: l’una, il ritratto inverso dell’altra. Amiche da una vita, hanno appena attraversato la soglia dei settanta anni d’età. Sono entrate insomma nell’ottavo decennio della loro vita.
È capitato loro di farlo in una società fantastica che, provando a entrare nell’officina della scrittrice (ecco appunto la maturazione di quei pensieri cui si alludeva), si può definire come lo scenario di un sogno. Quanto di più privato ci sia. Non di una distopia sociale, come è capitato di leggere nella promozione editoriale del romanzo e in qualche resoconto sulla stampa. Elvira ed Amanda compiono dunque settanta anni in un mondo in cui, per dirla per metonimia, la gioventù ha acquisito piena consapevolezza delle questioni ambientali, ha preso il completo controllo della società globale, ha risolto consensualmente su scala mondiale tutte le controversie e le ineguaglianze e, verificato lo squilibrio demografico, ha destinato chi vive ancora a conclusione del suo settimo decennio a una scelta secca e ineludibile: aut… aut...
Chi compie settanta anni o subisce l’abbandono da parte della compagine sociale (niente più mezzi di sostentamento, cure, sussidi…), provando a cavarsela da sé, o partecipa a una sorta di gioco d’azzardo.
Si imbarca in tal caso volontariamente (?), per una crociera, sopra una nave della flotta della Sea Paradise, dalla quale, entro i dieci imbarchi possibili e concessi, si ha la certezza di non tornare.
Una roulette russa dall’esito certo, insomma, che a però un contrappasso paradossale: sugli innumerevoli ponti della nave (ponti, si osservi), sotto la massima libertà sorvegliata dagli “Impeccabili” (giovani servitori e servitrici, in linea di principio, inflessibili), si vive da gran signori e signore, si gozzoviglia, si corre la cavallina, si pratica ordinatamente ogni tipo di disordine materiale e morale.
Insomma, ci se la spassa al modo con cui ci se la spassava prima che appunto la regola universale imposta al mondo dalla gioventù (ecco di nuovo apparire la metonimia) rendesse il mondo probo, sano e (come si fa a dirlo?) buono. La narratrice e, per sua voce, l’autrice non mancano di sottolinearlo più d'una volta: sulla Sea Paradise c’è il mondo com’era.
E basta questo per comprendere quanto inappropriata sia la qualificazione di un simile quadro narrativo come distopico. Ammesso che di distopia si tratti, è una distopia di classe (anche d’età: sulla Sea Paradise, narrativamente, non una farmacia, un laboratorio di analisi cliniche, un deposito di pannoloni, un osteopata… suvvia! Tutti e tutte ultrasettantenni… Di che cavallina stiamo parlando).
Nel mondo che, seguendo l’ideale narrativo del romanzo, avrebbe preceduto l’era della Sea Paradise, chi mai se la spassava d’altra parte come i croceristi e le croceriste della fantasia di Lombardo?
Non si vuole dire gli operai e le operaie, gli impiegati e le impiegate del Catasto, gli infermieri e le infermiere e così via, ma anche fuori della varia umanità che il romanzo tratteggia con acutezza e garbo, e restando alle figure principali, avrebbe mai vissuto tra stravizi sardanapaleschi un’insegnante? O un’attrice che, come si comprende, ha calcato solo le assi di palcoscenici modesti e di provincia? Se non si vuole fare un torto alla capacità d’invenzione narrativa della scrittrice, è naturale vedere in tutto ciò il sedimento di un suo ricco e seducente materiale onirico.
Lombardo insomma racconta e condivide un sogno. E non si vuole né si può dire un incubo, perché la scrittura, quasi sempre di rimarchevole piacevolezza, è aperta e la nave, più che come un universo chiuso e concentrazionario (come sarebbe il caso se si trattasse appunto di una distopia), è presentata come una grande e amichevole città moderna, una di quelle in cui un anziano o un’anziana piccolo-borghese, raggiunta la pensione, sognano appunto di vivere la loro tranquilla vecchiaia, tra parchi, luoghi di ristoro e di intrattenimento.
Ciò che, sia detto per inciso, non è certo la Palermo del primo romanzo di Lombardo né (e lo stridore è in tal caso assordante) la Palermo della realtà, dove appunto la scrittrice vive e lavora. E, verrebbe fatto di dire a questo punto, dove Lombardo sogna dolceamaramente, ora che la sua giovinezza è maturata al punto da farle mettere in prospettiva una soglia, che non è più di crescita.
Le soglie, come si sa, attirano tanto quanto spaventano. Le si vede e si ha voglia di varcarle, per vedere cosa caso mai ci fosse al di là, ma con il terrore derivato dalla quasi certezza che al di là ci sia, guarda caso, l’Aldilà.
C’è una soglia verso un luogo oscuro, ma abitato da innumerevoli ombre, nel romanzo di Lombardo. Elvira, senza Amanda, l’attraversa perché insegue, come una Psiche dal capo circondato da colorate farfalle (figura dalla lampante interpretazione), il suo Amore: un Achille che è forse il personaggio meno riuscito e più debole del romanzo, costruito, spiritualmente, sopra i luoghi comuni della poesia e, fisicamente, sopra quelli di un attempato attore hollywoodiano del tempo che fu (ma, nel sogno generale, si concederà volentieri a Lombardo di dare forma anche ai teneri sogni di une fille de jadis).
Nel luogo oscuro a cui si accede attraverso quella soglia, Achille guida Elvira, come compagna, in un gioco che potrebbe avere esiti esiziali, ma ne ha, in effetti correlativamente, di liberatori, ai fini della narrazione.
Da lì, si spalanca, improbabile ma proprio per questo credibilissima, come succede nei sogni, una via di fuga che (a questo punto, non si vuole tuttavia guastare a lettori e lettrici il gusto della scoperta) sembra portare a una separazione: a sciogliere il duale, da un lato, una libido mortis, dall’altro una vita capace di tornare tanto indietro, nella sua esperienza, da sognare di annegare felicemente nel liquido amniotico. Singolare coincidenza e coincidente singolarità.