Contro l’analfabetismo economico 5 / Le fregature dei minibot
Quanto sono ingenui gli italiani? Non molto, a giudicare dalle dichiarazioni di Matteo Salvini. “Non saranno monete alternative all'euro, quelle le usiamo al Monopoli”, ha detto ai giornalisti il 6 Giugno. Si riferiva, ovviamente, ai minibot, inseriti sottobanco dagli esperti della Lega in un documento di indirizzo votato alla Camera dei deputati.
Matteo Salvini avrà tanti difetti, ma sicuramente sa fiutare da che parte tira il vento. Le sue precipitose smentite rivelano che gli italiani dei minibot non si fidano per niente. Pare che l’idea sia stata partorita da Claudio Borghi, noto sostenitore della teoria che l’uscita dal sistema Euro sia per l’Italia una scelta intelligente e pure indolore. I minibot servirebbero, secondo Borghi, Giorgetti, e altri esponenti del governo, soltanto a pagare i debiti della pubblica amministrazione. Ma perché un’impresa che vanta crediti nei confronti dello Stato dovrebbe accettare un pagamento in minibot? Risposta: perché li potrebbe poi utilizzare per saldare alcuni debiti, in primo luogo le imposte. Presentata in questo modo sembra una magnifica partita di giro, nella quale lo Stato dà con una mano e riscuote con l’altra. Che si tratti di euro (soldi veri) o minibot (certificati di credito), poco cambia. I debiti dello Stato sono estinti, i cittadini pagano le tasse, e nessuno ci perde.
Ma siamo sicuri? L’economia è la scienza dei costi e benefici, e ci insegna che gli interventi del governo – qualsiasi governo – raramente portano soltanto benefici. Le buone iniziative politiche, ovviamente, portano benefici molto maggiori dei costi. In questi casi dovrebbe essere facile spiegare ai cittadini che vale la pena pagare un poco per ricevere — magari fra qualche mese o anno — un beneficio più grande. Ma se chi ci governa finge che non ci siano costi di nessun genere, significa probabilmente che ci sta nascondendo qualcosa.
Quali sono i costi dei minibot, dunque? Dipende: i costi possono essere distribuiti in modo diverso, a seconda di quello che il governo intende fare con i minibot. Partiamo da uno scenario semplice: supponiamo che il governo intenda soltanto estinguere i debiti della pubblica amministrazione. Dobbiamo porci tre domande: siamo sicuri che sia un affare (1) per le imprese, (2) per il governo, e (3) per i cittadini?
I minibot non sono moneta – le banconote che utilizziamo per gli acquisti quotidiani – ma certificati che attestano l’esistenza di un credito nei confronti dello Stato. Un pagamento in minibot per un’impresa quindi sarebbe equivalente a un pagamento in moneta (euro) soltanto se i minibot avessero lo stesso potere d’acquisto della moneta. Ma questo è poco plausibile: l’impresa non può utilizzare i minibot per pagare i propri fornitori e i propri dipendenti, per esempio. Li può utilizzare per pagare le imposte, ma l’ammontare delle imposte sarà in genere inferiore alla somma ricevuta dallo Stato, e in ogni caso il trasferimento al fisco avverrà diversi mesi dopo la riscossione dei minibot. Che fare dunque dei minibot in eccesso, o ‘parcheggiati’ in attesa del fisco? L’impresa potrebbe cambiarli in moneta, ma chi è interessato ad acquistare un titolo poco liquido? Chi può ottenere un profitto: ne vale la pena se, per esempio, è possibile scambiare 130 euro (valore nominale) di minibot con 100 euro di moneta. Il gap fra valore nominale e valore di mercato è proporzionale al rischio che si accolla il possessore di minibot tendendoli ‘parcheggiati’.
Quindi: l’impresa pagherebbe un costo, uguale alla differenza di valore fra euro e minibot. (È la ‘tassa dei minibot’ di cui ha parlato Tito Boeri in un articolo del 12 Giugno su La Repubblica.)
Va bene, si dirà, ma almeno il governo trarrà un vantaggio da questa tassa occulta. Dato lo stato delle nostre sgangherate finanze, forse ne vale la pena. Ma purtroppo non è ovvio che le cose stiano in questo modo: quando il governo incassa minibot attraverso le imposte, sta rinunciando automaticamente a incassare moneta. Questa moneta serve per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni, e tante altre cose – insomma, per far funzionare la macchina dello Stato. I minibot quindi sono costosi anche per lo Stato. (L’ha spiegato bene Roberto Perotti in un articolo uscito su lavoce.info il 13 Aprile 2018.)
Venendo a mancare una parte delle entrate fiscali, lo Stato può fare due cose: prendere in prestito la moneta che gli serve vendendo titoli di stato (Bot); oppure tagliare le spese. E qui arriviamo ai costi dei minibot per i cittadini. Nel primo caso (emissione di Bot) aumenterebbe ulteriormente il debito pubblico. Aumenterebbe anche il tasso di interesse, ovvero i soldi che spendiamo per convincere i risparmiatori ad accollarsi il colossale debito pubblico italiano. Per risparmiare – e utilizzare meglio i soldi degli italiani – dovremmo se mai ridurre il debito, ma questo comporterebbe un aumento delle tasse. Quindi in ogni caso ci sarebbe un costo per i cittadini.
In alternativa, il governo potrebbe tagliare i servizi pubblici (meno entrate, meno uscite). Ci perderebbero, in questo caso, i cittadini che usufruiscono dei servizi stessi. Forse alcune di queste uscite sono effettivamente inutili e improduttive, ma nessuno finora è riuscito nell’impresa di tagliare significativamente la spesa pubblica – tutti ricordiamo la storia triste delle spending review. Quindi è probabile che una riduzione significativa della spesa andrebbe a impattare su pensioni, sanità, educazione. Pagherebbero i cittadini.
Resta un’ultima opzione, improbabile ma forse neanche tanto. Lo Stato, dopo avere incassato i minibot attraverso le tasse, e non volendo né tagliare i servizi né emettere nuovi titoli di stato, potrebbe provare a usare i minibot per pagare i propri dipendenti. Questi ovviamente non sarebbero felici di accettarli, perché si troverebbero nella stessa situazione delle imprese citate poc’anzi (scarsa liquidità). In verità il problema sarebbe elevato a potenza: i singoli cittadini hanno bisogno di moneta spendibile subito per pagare l’affitto, il mutuo, le vacanze, il conto della spesa, e così via. Per risolvere il problema – ed evitare un’insurrezione – lo Stato dovrebbe dire che i minibot sono una moneta parallela utilizzabile da tutti i cittadini per le transazioni quotidiane.
Quando Mario Draghi ha affermato, pochi giorni orsono, che i minibot o sono debito o sono illegali, si riferiva a questo. Il patto della zona Euro si basa sul principio che i singoli stati non possono battere moneta. Estendere l’utilizzo dei minibot alle piccole transazioni quotidiane ci porrebbe dunque fuori dall’Euro. Il linguaggio di Draghi porta a pensare che sia soltanto una questione di regole. Poiché alcuni italiani sono allergici alle regole, risponderanno: al diavolo le stupide regole europee! Torniamo a essere padroni del nostro destino!
Facciamo allora un ultimo esperimento mentale: supponiamo che non esista la Banca Centrale Europea, che Mario Draghi insegni ancora all’Università di Firenze, e che l’Italia possa fare quel che vuole con la sua moneta. Che effetto avrebbe l’introduzione di una moneta parallela? Un aumento significativo del volume di moneta circolante avrebbe come effetto l’aumento dei prezzi di tutti i beni (inflazione). Simultaneamente, sarebbero svalutati tutti i titoli di stato, con immediata riduzione del debito pubblico. I possessori di Bot, i piccoli risparmiatori, e tutti coloro che hanno redditi non indicizzati con l’inflazione ne sarebbero più penalizzati. Chi possiede beni immobili, investimenti all’estero, chi ha il potere di fissare i prezzi, e chi ha accesso a strumenti finanziari sofisticati riuscirebbe invece a tutelarsi. La storia insegna che nei periodi di alta inflazione, come al solito, i ricchi se la cavano meglio dei poveri.
L’attuale Governo ha spesso dato l’impressione di avere un’unica idea per ridurre il rapporto debito/PIL: aumentare il denominatore del rapporto attraverso l’inflazione. Le regole europee che ci impediscono di battere moneta sono essenziali per evitare che un Paese sgangherato scarichi i costi dei propri problemi sugli altri cittadini europei. Non è quindi una regola stupida per l’UE. Ma in generale proteggere i cittadini dall’inflazione non è stupido neanche per un Paese fuori dall’Unione. (Per questo, per esempio, la Banca d’Inghilterra è indipendente dal Governo di Sua Maestà.)
Come ho spiegato in un precedente articolo, in economia tutto (o quasi tutto) è possibile. Quindi è possibile ridurre il debito pubblico svalutando la moneta. Ma in democrazia i governanti hanno il dovere di spiegare ai cittadini quali sono i costi e i benefici degli interventi che propongono. I cittadini faranno poi le proprie valutazioni, e se necessario prenderanno anche decisioni coraggiose, si spera. Di coraggio ne avremo bisogno perché i problemi che dobbiamo affrontare non ammettono scorciatoie. Presentare i minibot come una soluzione tecnica indolore è irresponsabile e, diciamolo, anche un po’ codardo.