Storia di un'ossessione per Tolstoj
«Se la Sua vita mi è cara e io in parte vivo in essa e di essa, allora questa nostra vita comune non potrà interrompersi per me nemmeno con la Sua morte» scrive Vladimir Grigor’evič Čertkov (1854-1936) a Lev Tolstoj nell’ottobre del 1884. Una dichiarazione apparentemente iperbolica, se si considera che Čertkov conosceva lo scrittore da solo un anno, ma a ben vedere sincera, perché Tolstoj e i suoi scritti diventeranno per Čertkov il centro e la ragione della propria esistenza. A far incontrare i due era stato il giurista e procuratore distrettuale di Tula, Nikolaj Davydov, che aveva indirizzato a Tolstoj quel giovane trentenne, bello, ricco e fascinoso, ma turbato da un’inquietudine esistenziale per cui tre anni prima si era congedato dall'esercito, che riteneva inconciliabile con la dottrina cristiana. Tolstoj, allora cinquantaseienne, era l’unica persona che, secondo Davydov, avrebbe potuto orientare l’anima e la mente inquiete di Čertkov. Dal loro incontro nascerà infatti un’amicizia che durerà fino alla morte dello scrittore, e le cui conseguenze si protrarranno anche oltre.
Sin dall'inizio Čertkov instaura un rapporto intimo e profondo che Tolstoj accoglie e ricambia, soggiogato da un’ambigua fascinazione, particolarmente sgradita alla moglie Sof'ja Andreevna Tolstaja. Per avere facile accesso alle reciproche interiorità, iniziano a scambiarsi i diari, ma l'interesse di Čertkov è animato anche da ragioni materiali oltre che spirituali, poiché intende creare un archivio contenente tutti i manoscritti tolstoiani, originali e in copia. Una compulsione lo spinge a bramare tutto ciò che Tolstoj scrive, a ricopiarlo e a conservarlo per poter poi comporre una silloge dei suoi pensieri. Conserva le lettere con cura maniacale e per tutta la vita sogna di veder pubblicata un'edizione commentata della loro corrispondenza. È sua l'idea di introdurre in casa Tolstoj un torchio per la stampa che avrebbe duplicato tutta la corrispondenza dello scrittore, a cui non sfugge questa avidità: «stamattina ho capito che non volevo condividere con lui [Čertkov] i miei pensieri, proprio perché se li divora. Paura. Non sono buono. Io stesso ho bisogno di nutrirmi di essi» (p. 155). Eppure per vari anni continuerà a mandare all'amico i suoi scritti privati, finché Sof'ja Andreevna, temendo che la loro vita familiare potesse diventare di dominio pubblico, porrà un veto: i diari continueranno ad essere inviati a Čertkov, ma senza i passi privati, espunti in fase di copiatura dalle figlie di Tolstoj, Tat'jana e Maša, imbarazzate dal dover ficcare il naso nei pensieri più intimi del padre.
L'amicizia prende la forma di un sodalizio quando Tolstoj viene coinvolto nelle edizioni del Posrednik, casa editrice che avrebbe pubblicato libri a basso costo per spiegare il Vangelo al popolo e innalzarne il livello culturale. Čertkov si occupa dell'aspetto organizzativo, fa da intermediario tra gli scrittori che partecipano al progetto e il popolo, svolge mansioni da editor. Tolstoj scrive una ventina di racconti con espliciti insegnamenti cristiani e Čertkov ne cura la pubblicazione, intervenendo però prima sul testo per appianare incongruenze logiche e migliorare aspetti stilistici. Incredibilmente ha l'ardire di correggere la prosa di Tolstoj e lui stesso lo riconosce: «fa un po’ ridere che sia io ad insegnare a Lei, ma Lei sa che le cose non stanno così. È solo che io parlo in modo diretto, come mi passa per la testa» (p. 68) gli scrive in una lettera del 1885, senza tuttavia trattenersi dal proporre migliorie. Tolstoj, dal canto suo, che a un mese dal primo incontro con Čertkov gli aveva dichiarato il quasi totale accordo con le sue idee e lo aveva riconosciuto «il portavoce delle mie più alte aspirazioni» (p. 68), accoglie di buon grado gli interventi proposti, a patto che ad apportarli sia Čertkov. Quest'ultimo è interessato in primo luogo a rendere esplicito il messaggio evangelico, anche a discapito della qualità artistica, tanto che Šklovskij attribuirà a Čertkov l'aridità dei racconti, approntati per la pubblicazione con il titolo Racconti popolari, ma censurati nel 1887 poiché considerati «una specie di Vangelo che differiva in molti punti dalla dottrina della Chiesa ortodossa» (p. 188). Anche Sof’ja Andreevna ebbe da ridire sull’influenza che il giovane amico esercitava sulla produzione letteraria del marito, tanto che in un'annotazione diaristica del 1910 affermava che Čertkov aveva ucciso la vena artistica in Lev Nikolaevič, che in effetti dalla comparsa di Čertkov si dedica soprattutto alla produzione saggistica.
La libertà che Tolstoj accorda all'amico produce in alcuni casi sgradite conseguenze. Nel 1901, ad esempio, Čertkov si trova in esilio all'estero e pubblica un volumetto dal titolo La questione sessuale. Pensieri di L. N. Tolstoj che contiene pensieri tolstoiani sulla questione sessuale e la versione non censurata della postfazione alla Sonata a Kreutzer. Questo pastiche, con cui Čertkov intendeva ridimensionare la negazione tolstoiana del matrimonio cristiano, è composto in modo filologicamente discutibile, eppure Tolstoj acconsente alla pubblicazione. Solo in seguito alle accese polemiche che il volume solleverà in Francia, facendo vacillare la sua reputazione, Tolstoj si rende conto di aver affrontato la faccenda con leggerezza e si sfoga amareggiato con il suo biografo e traduttore inglese Aylmer Maude. A Čertkov invece non dice nulla, forse per risparmiargli un dispiacere, «per quel miscuglio di gratitudine e di sensi di colpa che provava nei suoi confronti e che col tempo lo avrebbe reso sempre più accondiscendente e tollerante» (p. 147), scrive Roberta De Giorgi nel suo documentatissimo Storia di un'ossessione. Lev Tolstoj e Vladimir Čertkov (Del Vecchio Editore, Bari 2022).
È impossibile qui ripercorrere tutte le vicende che intercorrono tra Čertkov e Tolstoj nell'arco della loro quasi trentennale amicizia, e che sono invece ricostruite nei dieci capitoli di Storia di un'ossessione con dovizia di particolari e con il supporto di una amplissima bibliografia e di materiali inediti. Ordinando magistralmente un’immensa mole di informazioni, frutto di lunghe ricerche, l'autrice rimarca più volte gli atteggiamenti ossessivi di Čertkov, «destinati col tempo a radicarsi in modo quasi patologico» (p. 151), ma l'estremo dettaglio della ricostruzione fa emergere un rapporto complesso, di cui l'ossessività è solo una componente. Incuriosisce e a tratti stupisce il punto di vista del grande scrittore in questa amicizia, il suo modo accondiscendente e talvolta succube di rapportarsi con una personalità così volitiva, sfrontata, spesso scomoda e fonte di problemi sia in ambito familiare che professionale, sin da quando gestisce la casa editrice Posrednik, passando per il periodo in cui Čertkov diventa l'agente letterario di Tolstoj all'estero e si occupa della pubblicazione di Resurrezione, fino ad arrivare alle vicende testamentarie.
Tolstoj sa essere schietto con Čertkov, ha ben chiari i suoi difetti, gli rimprovera la mancanza di senso pratico e la tendenza a farsi carico di troppe cose senza riuscire a gestirle tutte, lo reputa «volubile nell'umore: a volte febbrilmente attivo, altre volte apatico» (lettera del 16 ottobre 1898), ma tuttavia nutre una sorta di timore nei suoi confronti, talvolta preferisce tacergli il suo disappunto per paura di offenderlo. E quand'anche è schietto nelle sue dichiarazioni, si pente di essere stato troppo duro con l'amico. La complessità del rapporto è in alcune fasi acuita dalla comunicazione epistolare, che tuttavia svolge in alcuni casi un ruolo peculiare per Tolstoj, fungendo da input per nuovi progetti. Čertkov lo stimola infatti a pronunciarsi su questioni religiose, sociali, politiche tanto che nelle lettere si trova spesso la bozza di pensieri sviluppati poi altrove. Nella Sonata a Kreutzer, ad esempio, gli studiosi rintracciano sollecitazioni provenienti dallo scambio epistolare con Čertkov, mentre la trama del racconto Padre Sergej fu stesa dal conte in una lettera a Čertkov, quasi sicuramente per soddisfare una sua richiesta, ed è infatti nota come stesura epistolare.
Un punto dolente nel loro rapporto è l'interferenza di Čertkov con la numerosa famiglia di Tolstoj, in particolare con la moglie, logorata da un rapporto coniugale non facile ed esasperata dalle continue ingerenze dell’uomo. Sof'ja Andreevna non solo è convinta che Čertkov abbia rovinato la loro vita, ma arriva a temere che tra lui e il marito ci sia un legame omosessuale. A tal proposito nel suo diario scrive: "la lettura casuale di una pagina di un vecchio diario ha turbato la mia anima, la mia serenità, mi ha aperto gli occhi sull'attuale attrazione per Čertkov ed ha avvelenato per sempre il mio cuore" (19 luglio 1910). L'esclusività dell’amicizia tra Tolstoj e Čertkov la pone in una posizione subalterna, talvolta di esclusione. Tolstoj le tiene infatti nascoste le questioni su cui non c'è possibilità di accordo, come il testamento, le cui vicende sono emblematiche dell'ingerenza di Čertkov nella vita familiare di Tolstoj, e delle sue capacità manipolatorie.
Già nel 1891, quattro anni prima della prima redazione non ufficiale del testamento, Tolstoj aveva cominciato a volersi spogliare di tutto ciò che implicava possesso e aveva espresso pubblicamente la rinuncia ai diritti delle sue opere, almeno quelle scritte dopo il 1881. La questione diventa però causa di litigi e incomprensioni con la moglie che si dichiara contraria: «ritengo sbagliato e insensato rendere le opere di Lev Nikolaevič un bene comune [...] Se muore prima di me, non eseguirò i suoi desideri e non rinuncerò ai diritti sulle sue opere» scrive nel suo diario il 10 ottobre 1902. Proprio temendo che il lascito spirituale dello scrittore non sarebbe stato rispettato e che gli eredi gli avrebbero impedito l'accesso al materiale in loro possesso, Čertkov sollecita la stesura di un testamento dal valore legale. Del resto conosce bene Tolstoj e gli attriti con la famiglia, e sa bene su cosa far leva con il conte. Lev Nikolaevič, infastidito dal dover gestire questioni pratiche, raccoglie le continue sollecitazioni di Čertkov lasciandolo agire nell'ombra, salvo poi rammaricarsi di aver commesso un errore: "avrei dovuto convocare tutti i miei eredi e informarli sulle mie intenzioni, e non agire in segreto" scrive nel diario il 10 agosto 1910.
Quando il conflitto con la moglie diventa irreparabile e il contrasto tra l’ideologia e la vita che conduce si fa insostenibile, Tolstoj pianifica la fuga da Jasnaja Poljana, la tenuta nella regione di Tula dove era nato, aveva vissuto per lunghi periodi e fu poi sepolto. Anche stavolta è Čertkov a incoraggiarlo: «non riesco a esprimere a parole quanto questo gesto mi abbia reso felice» scrive soddisfatto alla moglie lo stesso giorno della fuga, il 28 ottobre 1910, sottovalutando però l'età e lo stato di salute del vecchio scrittore. Molto presto infatti la fuga si interrompe alla stazione di Astapovo. Tolstoj, febbricitante, ha la polmonite e chiede all'amico di raggiungerlo. Dal momento del suo arrivo, Čertkov si erge a custode della tranquillità di Tolstoj e per i cinque giorni successivi, fino alla morte, non abbandonerà mai il suo capezzale, precluso invece all'umiliata Sof'ja Tolstaja, ammessa a vedere il marito quando sarà ormai troppo tardi. La vicenda, seguitissima dalla stampa, porta la figura di Čertkov alla ribalta. Il suo ruolo di filtro tra Tolstoj e il mondo esterno è sotto gli occhi di tutti, gran parte della stampa gli dà addosso e gli viene imputato, tra le altre cose, il mancato riavvicinamento dello scrittore scomunicato con la Chiesa ortodossa. Uno dei figli di Tolstoj, Lev, lo incolpa addirittura della morte del padre.
Il dopo Tolstoj è un capitolo della storia che potrebbe costituire un volume a sé, fa notare l'autrice. Čertkov si fa promotore di iniziative e progetti e contribuisce alla diffusione degli ideali del tolstoismo. Designato da Tolstoj curatore della sua opera, si occupa di ciò per cui aveva lavorato e lottato per tutta la vita: la pubblicazione della raccolta completa delle opere del Maestro. L'impresa non è facile, è segnata da problemi pratici ed economici, da contrattazioni con il governo bolscevico, da conflitti con la famiglia Tolstoj, in particolare con Aleksandra L'vovna, l'erede prescelta dal padre, ma l'accumulazione di materiale a cui aveva provveduto quando il suo beniamino era ancora in vita, garantisce solide basi di lavoro. Nel 1925 si tiene la prima seduta del comitato di redazione di cui Čertkov è direttore e presidente, e viene prevista la pubblicazione di novanta volumi. Undici anni dopo, alla sua morte, ne sono stati pubblicati settantadue (l’opera sarà conclusa nel 1958). Pur non essendo arrivato a vedere la fine del lavoro, il sogno di Vladimir Čertkov si è infine avverato: il suo nome è impresso su tutti i volumi della raccolta e non può più essere scisso da quello del suo amato Lev Nikolaevič Tolstoj. Per anni dimenticato, Čertkov è stato a lungo considerato un personaggio scomodo, imbarazzante, inopportuno. Storia di un’ossessione non intende rivalutarlo, ma raccontare, con l’oggettività che deriva dalle fonti, il dipanarsi del rapporto di affetto e contraddizioni che lo ha legato al grande scrittore russo.