Un flusso di nome RezzaMastrella
Quando vai a vedere uno spettacolo di RezzaMastrella è difficile restarsene piccoli piccoli e anonimi seduti nel buio della propria poltroncina, sperduti tra il pubblico. Da un lato perché non sai mai quello che può accadere, dall’altro perché è comunque un’esperienza starsene con la mente aperta a godere di un palco così bene abitato. E allora ti può capitare di essere travolto dal flusso di Antonio Rezza, davvero un animale da palco!, e di rimanere imbozzolato negli habitat di Flavia Mastrella. Il loro lavoro è sempre coinvolgente e a tratti destabilizzante rispetto ai limiti che solitamente (per convenzione o per convinzione) ci imponiamo.
I loro spettacoli sono veri e propri laboratori dove si sperimentano idee; spazi in cui le loro bizzarre trovate si affiancano e si susseguono una dopo l’altra. Nell’Antologia che è in programma al Teatro Vascello di Roma fino al 19 gennaio 2014 è possibile ripercorrere il percorso che Antonio Rezza e Flavia Mastrella hanno portato avanti negli ultimi dieci anni. Un decennio molto importante che ha segnato una svolta per i due artisti che erano arrivati al punto di espatriare, di abbandonare la scena italiana e il pubblico che comunque già allora li adorava. Il pubblico continua ancora oggi a seguirli e ad amarli. Prova ne è il pienone che hanno registrato in circa un mese di repliche. E anche la critica ha iniziato a riconoscere loro il percorso fatto assegnandogli uno dei Premi Speciali Ubu 2013, una sorta di riconoscimento alla oltre ventennale ed eterogenea esperienza nel mondo del teatro.
Bahamuth. Ph. Stefania Saltarelli
Fotofinish, Bahamuth, 7-14-21-28 e Fratto_X sono i titoli dei quattro spettacoli che compongono l’Antologia. In essi è possibile rintracciare gli elementi comuni che sono alla base dell’opera di RezzaMastrella. Una sorta di lucida follia percorre i loro lavori - capaci di mettere in moto una rara forma di immaginazione. Il tutto avviene grazie al tandem tra i due artisti che si incastrano e incastrano alla perfezione le loro rispettive abilità. Il loro percorso creativo è particolare e individuale. Flavia Mastrella lavora alla ideazione e realizzazione di un “habitat” – un ambiente in cui poi Antonio Rezza inserirà la sua performance. Nell’habitat navigheranno i movimenti e tutta la fatica (non poca) di Rezza e anche di Ivan Bellavista, oramai fedele compagno di scena.
Ph. Stefania Saltarelli
La Mastrella, poliedrica artista visiva, si esprime nel solco dell’arte contemporanea con originalissimi oggetti di scena (spesso vere e proprie strutture) che aspettano solo di essere animati. E proprio qui arriva l’arte di Rezza che, attraverso movimenti e (giochi di) parole, dà a quegli oggetti una loro vita e una loro storia. L’immaginazione allora corre velocissima come in Fotofinish dove una cosa prima rappresenta suore che portano crocifissi e poi quella stessa cosa diventa una serie di tac animate con all’interno pazienti (sic!). È il dono della fantasia di Rezza che dà inedita vita a questi oggetti, li fa crescere, esperire e a volte anche tramontare sulla scena.
Ph. Stefania Saltarelli
Nel lavoro di Flavia Mastrella sono rintracciabili alcuni moduli scenografici che si ripetono negli spettacoli e che, in un certo senso, identificano le loro opere. Come in Fratto_X dove lunghi teli come scie di colore inondano la scena e servono a Rezza per ambientare la sua performance, servono a vestirlo e fasciarlo, servono a trasformarlo e ad avvinghiarlo. È un habitat che diventa prosecuzione del corpo del performer o viceversa. Un altro - oramai - classico scenico è il telo con un buco rettangolare dove Rezza può inserire il suo volto e dove questo può risaltare allo spettatore in tutta la sua plasticità. La potenza della sua mimica facciale, unita a quella vocina penetrante che tira fuori quando è in scena, mandano il pubblico in tilt. Rezza vive nel paradosso di sapere fare intravedere piccoli lati di malvagità del genere umano sui quali poi la platea scatena profonde risate. Come accade in Fratto_X con il leit motiv “la spensieratezza va stroncata alla nascita” introdotto scoppiando un palloncino che faceva da testa a uno strano - ma tenero - animale meccanico telecomandato. O come accade di fronte a personaggi spietati come quello della signora Porfirio, piccola imprenditrice in Bahamuth, che esprime tutta la sua cattiveria contro i lavoratori, soprattutto quelli sindacalizzati. Scavando nella realtà quotidiana, le situazioni che Rezza crea hanno in sé un carattere di divertimento e allo stesso tempo di inquietudine e oscurità.
Ph. Stefania Saltarelli
La figura di Antonio Rezza si avvicina più a quella del performer sconfinatamente libero nei suoi movimenti che a quella dell’attore. È lui il vero mattatore, l’agitatore, il genio sregolato che non permette che venga distolta l’attenzione da ciò che accade sul palco. È difficile non rimanere piacevolmente impressionati dalla sua fisicità che è di continuo esibita e urlata. Il suo è un corpo esile e magro come uno stecco lanciato da una parte all’altra del palco, instancabile.
Rezza porta in scena brevi gags, piccole storie, che a volte diventano tormentoni per l’intero spettacolo e che di solito tornano a essere recuperate e rovesciate svariate volte sullo spettatore. Ci sono minuscoli punti di partenza a cui aggrapparsi come può essere la “civiltà numerica” alla base di 7-14-21-28 e di Fratto_X o come l’associazione di Bahamuth al Manuale di zoologia fantastica di Borges e Guerrero. E ci sono anche personaggi che riportano sprazzi di un oggi sgretolato e intriso di dramma: un uomo che si fotografa incessantemente per pensarsi meno solo, la figura del precario che nell’orizzonte della sua vita è costretto solo alla sua precarietà, gli attori gretti di una fiction che abitano la nostra stupida televisione senza spessore, la personificazione ossessiva dell’ansia.
Ph. Flavia Mastrella
Esiste una buona dose di anarchia nello stare sul palco di Antonio Rezza. Senza mai risparmiarsi, Rezza segue sempre un ritmo preciso, ma che trascura o ribalta le regole. Il “tutto può accadere” non è mai stato tanto vero quanto negli spettacoli del duo. A un certo punto in Fratto_X, Rezza se ne va dalla scena e vi ritorna dopo un tempo lunghissimo riempito dalle sue urla e imprecazioni provenienti dalle quinte e poi sempre più lontano dai camerini. Rezza se la prende con il pubblico, ne sottolinea le contraddizioni o la superficialità. Richiama chi lo fotografa con il flash che lo infastidisce. Con uno specchietto e il suo riflesso va a trovare uomini e donne nel pubblico e su di loro imbastisce storie inquietanti e tragiche.
Attraverso immagini in movimento, dal lavoro di RezzaMastrella si sprigiona il malessere del nostro tempo. Lo fanno con uno sguardo crudo e con una intensità cinica, ma sempre e comunque in un modo unico, un modo che in Italia non ha eguali. RezzaMastrella incarnano la provocazione e la fanno loro: usano il teatro come spazio fisico e di continuo danno prova di quale mezzo mistificatore li stia ospitando. Il loro lavoro non ha bisogno di definizioni, sarebbe impossibile, ed errato. Bisogna prenderli per quel che sono: artisti contemporanei, visivi e visionari, in continua ricerca, mai immobili e sempre pronti a portare alle estreme conseguenze ciò che stanno facendo.