Annemarie Schwarzenbach. Gli amici di Bernhard

19 Aprile 2015

Un romanzetto lumpen, questo di Annemarie Schwarzenbach, di recente tradotto per L’Orma (Gli amici di Bernhard, 2014). E non perché siano effettivamente straccioni, i suoi protagonisti, quanto piuttosto in obbedienza al perdurante stereotipo connesso alla mitografia dell’artista: idealista interamente dedito alla ricerca della «bellezza della vita» e dell’«accesso al nucleo più profondo della propria anima», talmente perso dietro al rovello del talento da non poter nutrire alcuna preoccupazione di ordine materiale, né tantomeno in grado di arrivare a percepire l’orizzonte materiale come autentica limitazione. O, quando occasionalmente così non fosse, pronto a uscirne rapidamente, come il giovane Bernhard, grazie al sostegno di qualche benefattore subito disposto a prestare soccorso, in virtù dell’altrui grazia e gentilezza. Del già di per sé esile romanzetto, proprio Bernhard, che pure dovrebbe assurgere in qualche modo a protagonista (insieme, certo, ai preannunciati amici), è la figura senz’altro più sfuggente (tanto da venir raccontato meno di tutti, anzi, da scomparire per larga parte della storia, in favore del suo alter ego Leon): bel volto, oggetto del desiderio di Gert, gradito terzo nell’ambiguo rapporto tra quest’ultimo e Ines (amici? amici speciali? fidanzati? schermo l’uno dell’altra? devota lei, incostante lui?), successivamente prediletto tanto dal morboso protettore Gérald che dall’entraîneuse Mica.

 

Annemarie Schwarzenbach

 

Ma in verità, in quest’ambiente spensierato e gaudente della bohème franco-tedesca, nessuna identità o attività è sottoposta mai a un vaglio morale: non ci sono occupazioni o inclinazioni più lecite di altre, e tenere una filza di ritratti di giovinetti alle pareti in uno studio medico come vivere in simbiosi con un giovane uomo del proprio sesso (nei primi anni Trenta) non desta nessun tipo di annotazione. Un dato di realtà, come l’oasi Svizzera o italiana, gli alberghi, le feste, il cibo, le sigarette, il cane Flock (per il quale, se si fosse in un film, dovremmo presentare un esposto alla protezione animali, a seguito delle torture inflittegli dai due piccoli selvaggi amici di Ines). La leggerezza che connota il libro è imputabile all’età della scrittrice (peraltro morta comunque giovane e in modo assai poco avventuroso, rispetto alla vita dedita a ogni esperienza), ma anche a un notevole talento narrativo, che garantisce insieme alla scorrevolezza dello stile la fluidità nei transiti da un quadro all’altro, da un personaggio al suo contorno. Senza particolari scosse o drammi, solo la vicenda di Bernhard, appunto, e dei suoi amici. Cosa dobbiamo farcene? Probabilmente nulla, se è vero che dei libri non dobbiamo far altro che leggerli, e magari ricordarne qualche passaggio in conversazione. Però, al di sotto degli stracci (o lì intorno), c’è una questione che invece tocca, come i grandi libri sanno fare, un’incertezza permanente: fino a che punto è lecito incaponirsi nel perseguire il proprio (presunto – presuntuoso?) talento, ed esiste (come per Ines che si sottopone per conto di Gert al “valutatore”) una stima esatta del talento, un parere che possa confortarci o dissuaderci una volta per tutte, specie quando cominciamo a mostrarne e a coltivarlo? Gert lascia, col dissenso della famiglia, gli studi di legge e se ne va a Berlino a fare il pittore. Quanti dei nostri amici l’hanno fatto, da giovani? E ora? Magari sono ancora a Berlino, e fanno i cuochi. Questo perché non erano amici di Bernhard, probabilmente, e la fortuna arride solo a quelli con la sua grazia (o eventualmente ai suoi consentanei). Ma anche perché Gli amici di Bernhard è un romanzo: e ai nostri giorni, e coi nostri (scarsi) mezzi, se vuoi fare l’artista e vivere di quello «tocca comunicarlo prima all’Enel, o almeno a mamma e papà». E questo è ciò che sentiamo ripetere agli impiegati stipendiati. Gli artisti, anche oggi, probabilmente continuano a sperare (illudersi?) che d’arte si possa vivere (sia pure in modo meno garantito), e che ove ci sia del talento, qualcuno disposto a riconoscerlo e sostenerlo esisterà, conseguentemente. Dalle parti di Bernhard senz’altro.

 

 

Annemarie Schwarzenbach, Gli amici di Bernhard, traduzione di Vittoria Schweizer, L'Orma, Roma
2014, pp. 192, € 13,00

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