Ugo Volli e le storie di David
Israele voleva un re, come lo avevano gli altri popoli. Fino a quel momento, alla fine del secondo millennio prima della nostra era, le tribù dei figli d’Israele si governavano da sole, ricorrendo per le controversie e le questioni importanti ai giudici, uomini saggi ispirati da Dio, e ai profeti che ammonivano e guidavano riferendo al popolo la volontà divina. Talvolta il giudice era anche un profeta, come fu Samuele al quale il popolo si rivolse perché scegliesse tra loro un sovrano che li guidasse in battaglia.
A malincuore Samuele consentì e, per volere di Dio scelse Saul della tribù di Beniamino. Questi non fu all’altezza del suo compito e non riuscì a sconfiggere i Filistei, né dimostrò la statura morale necessaria al governo. Cominciò a dare segni di un male che noi chiameremmo depressione psicotica, angosciante e a tratti violenta. Bisognava cercare un altro re. Questione difficile e pericolosa visto che Saul era ancora in carica ed era stato consacrato dal profeta per volontà divina. Ma gli ordini di Dio non si discutono e Samuele, obbediente, fece ciò che gli era stato ordinato: cercò tra gli otto figli di un uomo chiamato Iesse il nuovo re, per ungerlo al posto di Saul.
Davide era il prescelto. Il più giovane dei ragazzi – doveva avere tra i dieci e i quindici anni –, bello d’aspetto, con begli occhi e capelli fulvi, lo descrive la Bibbia. All’arrivo del profeta non era insieme agli altri, perché stava pascolando il gregge di suo padre. Fosse stato per lui, Samuele avrebbe scelto il primo dei giovani, alto e forte, ma Dio, che non guardava l’apparenza ma il cuore, voleva Davide; allora il profeta lo fece chiamare dal pascolo e lo unse re. Inizia così la storia del più affascinante dei personaggi biblici che diventerà l’emblema di tutto il popolo ebraico, «il pastorello che suona l’arpa, uccide il gigante, diventa un grande re, sconfigge i suoi nemici, scrive poesie sublimi e vive poi una difficile vecchiaia, fra adulteri, congiure, debolezze», al quale il semiologo e scrittore Ugo Volli dedica un libro avvincente, Musica sono per me le Tue leggi. Storie di Davide, Re d’Israele (La nave di Teseo).
La vita di Davide si colloca tradizionalmente tra il 1030 e il 970 a.C. ed è raccontata nei libri biblici di Samuele e delle Cronache, ai quali l’autore affianca i Salmi – di una metà dei quali Davide è considerato l’autore – e il Midrash (l’esegesi rabbinica e i commenti). Al di fuori della Bibbia, l’unico riferimento risale a un paio di secoli dopo, ed è una stele di basalto in cui un re di Aram, nell’attuale Siria, celebra la vittoria su un re di Giuda che è detto essere l’ultimo discendente della casa di Davide.
Il libro di Volli non può essere definito propriamente né una biografia né un testo di storia, data la mancanza di documentazione scientifica, ma non è nemmeno un romanzo o una storia romanzata perché l’autore afferma di non avere aggiunto nulla con la fantasia. Si tratta piuttosto di «un racconto di racconti…un labirinto di storie» che è anche un labirinto morale e temporale giacché il tempo «si aggroviglia e si confonde», in conformità con la tradizione esegetica ebraica secondo cui «nella Torah non c’è prima e non c’è dopo…Ogni punto delle Scritture è pertinente rispetto agli altri».
Perché raccontare le storie di Davide a un pubblico non necessariamente di religione ebraica, allora? Prima di tutto, spiega Ugo Volli, perché sono bellissime e avvincenti come un romanzo; alcuni dettagli richiamano motivi fiabeschi, mentre altri lo avvicinano a figure letterarie mitiche come Odisseo, o tragiche come Amleto. Ma l’importanza della sua figura, ciò che egli ha rappresentato sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista religioso, va ben oltre queste assonanze. Nella Storia Davide rappresenta il passaggio epocale dall’anarchia tribale allo Stato. Prima di lui Israele non esisteva come nazione, era un insieme di tribù unite da una comune discendenza e da una fede monoteista in realtà ancora molto fragile. Egli seppe unificarle sotto il suo regno permettendo la formazione di uno Stato e il passaggio «da un’età mitica a una politica». Inoltre con lui, modello di sovrano scelto direttamente da Dio, si pongono le basi della concezione occidentale della monarchia di diritto divino che governerà per secoli in Europa. Più di tutto, però, Davide è diventato l’archetipo di come dovrebbe essere il legame tra l’uomo e Dio, e ha dato al mondo ebraico e cristiano le parole della preghiera.
Attraverso i Salmi, l’autore ricostruisce un’immagine a tutto tondo della personalità di Davide. Egli non è un eroe senza macchia e senza paura, al contrario è un uomo pieno di contraddizioni e di passioni: generoso al punto di dividere il bottino ricavato da una battaglia anche con quei soldati che, distrutti dalla fatica, erano stati lasciati indietro e non avevano combattuto; e leale come quando pur avendo l’occasione di uccidere Saul che lo perseguitava, non lo fa per non infrangere il giuramento di fedeltà che lo legava al re. In altre circostanze non lo è affatto, come quando, per esempio, negli anni in cui è fuggitivo sempre a causa di Saul, chiede a Nabal, con una formula di cortesia che sottende una minaccia: dà ti prego quanto puoi dare ai tuoi servi e al tuo figlio Davide visto che non ti abbiamo danneggiato alcun bene né rubato nulla, altrimenti… Ai nostri occhi un atteggiamento tipicamente mafioso. Ma Davide fa ancora peggio quando, divenuto re, manda a morire il marito di Betsabea perché non scopra l’adulterio da lui commesso insieme a lei.
Poi, però, riconosce di avere compiuto un’azione talmente malvagia da meritare la morte, con sincerità si pente amaramente, chiede perdono e accetta una punizione. Insomma è chiaro che la Bibbia non ci offre un’agiografia di Davide, perché non ne nasconde i lati oscuri, le bassezze, i delitti, come non fa, d’altra parte, per nessuno dei personaggi di cui racconta. I profeti, ad esempio, sono strani, nervosi; il più grande, Elia, ha ucciso tutti i sacerdoti del dio Baal in un sol giorno e scappa per paura della vendetta; Giona si arrabbia con Dio perché non ha sterminato Ninive come gli aveva fatto annunciare, preoccupato più della sua fama che della morte di molti innocenti; Geremia ha paura, non vuole parlare in nome di Dio e così via.
Però le loro azioni, anche le più strane e difficili da comprendere, hanno sempre lo scopo di ricondurre continuamente di nuovo il popolo a Dio, alla giustizia, al bene collettivo. Neppure gli apostoli, nel Nuovo Testamento, sono trattati meglio; della loro piccolezza, delle loro meschinerie e incredulità non si tace. La storia di Davide che la Bibbia ci racconta, precisa Volli, è «una narrazione sofisticata e complessa che ha l’ambizione di riportare la verità (storica, o almeno morale) in tutta la sua ricchezza di sfumature e di contraddizioni psicologiche».
Dunque Davide è un uomo che commette molti gravi sbagli, eppure nonostante tutto è amato dagli uomini, dalle donne e da Dio che lo castiga ma non lo abbandona. Forse non è un caso che la radice del suo nome significhi amato. Tra i molti eventi della sua vita, il primo e il più conosciuto è la sfida con il gigante filisteo Golia quando Davide aveva, calcola Volli, tra i quindi e i diciassette anni. In quella occasione emergono, osserva l’autore, due aspetti basilari della sua complessa personalità: «Il primo è il coraggio, la combattività, anche la forza fisica nascosta sotto l’aspetto tenero del pastorello…il secondo è …la fiducia in Dio, la confidenza che ha con lui».
Davide era amato dai suoi compagni d’arme, dalle sue mogli (perlomeno da alcune), dagli amici come Gionata, il figlio di Saul, che come molti altri era legato a lui da un grande affetto e da un’amicizia disinteressata. Ma l’unico di cui si dice che Davide lo amava è Dio col quale aveva «un rapporto quotidiano e costante… Questa confidenza è la grande differenza rispetto a Saul che permetterà a Davide di essere perdonato per errori più gravi di quelli del suo predecessore e ne farà un grande re». Davide visse ogni momento della sua vita sentendosi al cospetto di una divinità alla quale si sentiva legato da un profondo rapporto filiale, come si evince dai Salmi dai quali emerge tutta la gamma dei sentimenti umani. «Timore, sollievo, odio, gioia, serenità, angoscia, rabbia» sono vissuti ponendoli «davanti a un Dio persona, che ascolta, concede o rifiuta, a volte vicino, a volte lontano», ma che resta «comunque l’orizzonte di senso di ogni momento della vita.»
Tutte le azioni di Davide sono tese a realizzare i comandi divini e quando devia, sbaglia e commette il male, lo riconosce, «è capace di rivedere le sue azioni, dimostra onestà intellettuale e coraggio morale». Per questo è anche modello di umiltà, qualità indispensabile perché chi si trova in posizioni di comando non travalichi la giustizia oltrepassando i limiti della propria funzione, e non si faccia un’eccessiva opinione di sé. Davide che si pente del male fatto e accetta la colpa e il giudizio attesta che nessuno, né popoli né individui, può sottrarsi al giudizio del mondo, della Storia, di Dio.
Ancora oggi gli ebrei si identificano con Davide, «l’eroe che si conquista il trono con la pazienza e l’eroismo, il debole che sconfigge il forte, l’uomo completo in religione, arte, battaglie, sovranità e giustizia». Musica sono per me le Tue leggi si legge con il piacere di un romanzo e la serietà di un libro di Storia, e alla fine anche il lettore, come tutti, credo amerà Davide e, lasciandolo, ne avrà un po’ di nostalgia.