Asini, cardi e Carducci
Non li so coltivare né cucinare (quelli di mia suocera, cotti nel latte, erano buonissimi!). Così, in un angolo dell’orto, tutte le estati lascio fiorire il mio cardo gigante: una grande Menorah verde dai ceri violetti che s’innalza oltre i due metri a recitare il suo ringraziamento. Le grandi foglie grigio-argentee costolute, incise e pungenti, avvolgono un fusto legnoso che dirama in bracci con al vertice capolini squamati che allogano piccoli fiori tubolari, spiumii rossoblu.
Onopordum (pare infatti che ai golosi onagri provochino turbolenze intestinali) è il nome scientifico e sonoro di alcune varietà. Ma meglio non infilarsi nel ginepraio dei nomi di queste erbe aculeate, cugine del carciofo e pur esse commestibili: rimarremmo impigliati nelle spine di cardi, cirsi, carline, echinopi. Basti dire che sono tutte raccolte nella famiglia delle asteracee.
Dunque, per essere del tutto soddisfatta e adempiere alle richieste dell’etimo, dovrei avere in giardino anche un asino, il mio animale totem (perché, come ben dice Elsa Morante nella Storia, i ragli dei somari «sembrano accusare al silenzio il dolore totale del cosmo»). Così, darei vita anche a un quadretto poetico che non mi esce dalla mente da quando, una provvidenziale insegnante di scuola media, mi obbligò a mandare a memoria Davanti a San Guido di Giosuè Carducci:
Ansimando fuggìa la vaporiera
mentr’io così piangeva entro il mio cuore;
e di polledri una leggiadra schiera
annitrendo correa lieta al rumore.
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
rosso e turchino, non si scomodò:
tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
e a brucar serio e lento seguitò.
Sarà per i cipressi parlanti, per la maestosa cimiteriale visione della nonna Lucia («alta, solenne, vestita di nero») e, più ancora, per il finale eticamente appropriato che riscatta l’asino da un confronto impari e irragionevole con il più blasonato cavallo, questa poesia – tra le poche memorabili del poeta versiliese – merita d’essere ricordata.
Certo, un asino in giardino sarebbe fonte di guai: non si limiterebbe a brucar cardi! Meglio, dunque, adottarne a distanza. Oppure, programmare una vacanza estiva a Campo Imperatore, dove cardi e asini conducono una saggia e tranquilla esistenza nel vasto piano coronato dalle cime del Gran Sasso e del Monte Camicia.
Qui, i cardi dominano in varietà e colori da manuale, e arricchiranno il vostro erbario fotografico. Ma, non confondeteli con l’eryngium ametisthynum, anch’esso pungente ma della famiglia delle Apiaceae: ruba la scena con le sue stelle blu. Potrete anche raccoglierne qualcuno da far seccare e conservare in casa: nei mesi invernali riporteranno il pensiero all’esteso altipiano e ai monti aguzzi, dove il camoscio d’Abruzzo saltabecca in branchi.