Visite guidate (5) / Jan van Eyck, La Madonna del cancelliere Rolin

8 Agosto 2021

A volte si guardano così a lungo certe immagini per uno studio particolare che se ne esplorano i dettagli in tutte le più peregrine implicazioni ma, pur notandole, si trascurano quelle più evidenti. Poi però basta poco, un’occasione che non c’entra niente, e le associazioni ripartono e l’evidenza si riprende il posto che le spetta. Ma come un’evidenza di secondo grado, che contiene la sua precedente eclisse.

Una cosa del genere mi è capitata, mentre scrivevo Figura di schiena, con La “Madonna del Cancelliere Rolin” di Jan Van Eyck, ammirabile al Louvre. Al centro del quadro, sullo sfondo, ci sono due piccole figure sugli spalti delle mura di un palazzo, una delle quali appunto di schiena, su cui si concentrava il mio sguardo, trascurando un po’ l’altra, di profilo. Questa indossa una specie di turbante rosso, come altre dello stesso pittore (in particolare uno dei due “testimoni” nello specchio dei “Ritratto dei coniugi Arnolfini”, la figurina riflessa nella corazza di San Giorgio nella “Madonna del canonico Van der Paele” e soprattutto nel “Ritratto dell’uomo con il turbante rosso”) in cui qualcuno ha voluto vedere un autoritratto del grande artista.

 

Jan van Eyck, Madonna del Cancelliere Rolin, 1435 ca, Museo del Louvre, Parigi.

 

Jan van Eyck, Madonna del Cancelliere Rolin (dett.), 1435 ca., Museo del Louvre, Parigi - Jan van Eyck, Ritratto di uomo con turbante rosso (1433), National Gallery, Londra - Jan van Eyck, Madonna del canonico van der Paele (1436), Museo Groeninge, Bruges.


Se anche questo fosse davvero un autoritratto (quasi) di spalle, verrebbe da fare una piccola riflessione prendendo a confronto il “San Luca che dipinge la Madonna” di Rogier van der Weyden, che ne riprende l’episodio delle due figure sugli spalti, lasciando perdere gli altri suoi presunti autoritratti. I due quadri come è noto hanno molte cose simili, citazione omaggio o ripresa agonistica che sia il secondo. 

Van Eyck nell’uomo della “Madonna Rolin” che parla con la figura di schiena accanto a lei, lascia un segno indecidibile quanto all’identificazione. È al centro del quadro, ma sullo sfondo, intento ad altro rispetto alla scena principale che raffigura la devozione (e l’autocelebrazione: l’ennesima, perché di lui ci sono vari ritratti) del cancelliere Rolin, inginocchiato davanti alla Signora con il Bambino in braccio, rappresentata sul suo stesso piano, come se lui le fosse famigliare, o come una visione che lui si immagina o che gli appare durante la preghiera.

 

L’uomo del presunto autoritratto non si occupa della scena in primo piano all’interno del palazzo, forse non ne sospetta nemmeno l’esistenza; e osserva invece il suo vicino che guarda giù dagli spalti forse chiedendogli cosa c’è di così speciale da aver attratto la sua curiosità. Ha il bastone del pellegrino (o della persona anziana), ma il vestito è abbastanza lussuoso, ampio, di velluto si direbbe, con un bordo di pelliccia, e il copricapo modaiolo così abbondante che basterebbe a confezionare un abitino a una ragazzina. Non guarda quello che guarda l’altro, è appena arrivato, o lo accompagnava da prima, e forse ha con lui un breve dialogo che una volta ho persino immaginato (vedi sotto). È un passeggiatore svagato con cui mi è facile identificarmi, curioso ma non troppo, che poi si allontanerà seguendo i suoi pensieri, fermandosi ogni tanto a osservare qualcosa, ma lasciando la visione, quella “vera”, al cancelliere (nel quadro) e allo spettatore (del quadro).

Il quadro lui l’ha dipinto (se è Van Eyck), il suo atto di devozione è stato dipingerlo: ora può occuparsi d’altro, dei suoi pensieri e affari, e soprattutto del mondo, senza trascurare nessun dettaglio; e metterli tutti sul medesimo piano, dipingerli con la massima cura, fa parte di questa devozione.

 

Rogier van der Weyden, San Luca che dipinge la Madonna, 1440 ca., Museum of Fine Arts, Boston.


Van der Weyden invece mette se stesso in primo piano nelle vesti di San Luca, patrono dei pittori che gli hanno intitolato la loro gilda, mascherato e insieme rivelato dalla veste e dalla convenzione iconografica, che del resto egli contribuisce a fondare o ad affermare, almeno in questa forma, artefice alla e della presenza del divino. La conferma dell’identificazione, caso mai ce ne fosse bisogno, viene da altri ritratti che si possono rinvenire in altre opere, miniature e arazzi che gli studiosi hanno identificato e confrontato e verificato con gli opportuni documenti nel tempo.

Sono bastati pochi anni, dal 1435 al 1440, perché l’autore, entrato di soppiatto nel quadro, balzasse alla ribalta e oscurasse (o meglio: subordinasse), il resto alla sua arte, la sua di lui, esibita nel suo farsi, o meglio ancora rappresentata, recitata, nell’idealità di un fare nobilitato da parte di un soggetto a sua volta nobilitato, dell’artista che ha ormai acquisito un suo nuovo rango, da cui ogni traccia dell’effettiva materialità del lavoro (veste sporca di pittura, disordine dello studio, apprendisti che macinano colori...) è stata eliminata, persino nel ricordo, anche se il ritrarre prende l’apparenza del gesto devoto, della preghiera addirittura, e certo devoto lo è per davvero. 

 

Rogier van der Weyden, San Luca che dipinge la Madonna (dett.), 1440 ca., Museum of Fine Arts, Boston.


Le due piccole figure sugli spalti richiamano ovviamente quelle di Van Eyck, ma con significativi cambiamenti. Quelle del “San Luca”, sono più grandi e soprattutto sono un uomo e una donna. Di schiena è la donna, che si inclina un po’ alla sua destra a guardare ciò che con gesto esplicito le sta mostrando (a lei come allo spettatore del quadro), l’uomo, che porta un cappello morbido di panno o pelliccia, da cui spunta, sulle spalle, un panno rosso che si prolunga come una coda fin quasi a terra, come se il nodo del turbante del suo corrispettivo vaneyckiano fosse stato sciolto e usato come scialle, o sciarpa, o ornamento vezzoso. Resta una citazione esplicita del colore del turbante comunque, e una ripresa di quello dell’abito di San Luca.

 

Una specie di parentela, di doppio di quest’ultimo, che in tal modo si appropria anche di questo aspetto della visione, quasi a tenere tutto sotto controllo, dalla Vergine davanti a lui, come figura reale più che immaginata o ricevuta in visione, a dispetto dell’ovvia sfasatura temporale che certamente anche il pittore aveva presente, a ogni aspetto della realtà, la sala magnifica dell’ambientazione, i fiori ai piedi delle piccole figure, la città sulla sinistra, con altre figure ancora più piccole intente a gesti quotidiani anche non propriamente dignitosi (come quella che sembra urinare contro un muro), alla chiesa o palazzo con la cinta muraria e al paesaggio sulla destra, fino alla superficie spumosa del fiume sulla quale trova spazio, e si direbbe il suo ritratto, ogni singola onda, ciò che c’è di più labile e fuggitivo, come lo sono ogni cosa e la sua apparenza, che il pittore, Van der Weyden come van Eyck, rappresenta senza nulla trascurare. Perché, come dirà due secoli dopo Francisco de Quevedo, “solamente lo fugitivo permanece y dura” e anche a questo spetta al pittore prestare attenzione e dipingere. Forse soprattutto a questo.

 

 

Appendice 

A (uomo di profilo): Cosa stai sempre a guardare giù nel fiume?

B (figura di schiena): Non so, mi piace l’acqua che scorre, i riflessi delle cose e i giochi della luce... e poi ogni tanto passa qualcosa di interessante...

A: Vedi qualcosa adesso?

B: Sì, adesso sta sbucando un oggetto rettangolare; un libro, mi sembra...

A: Sicuro che non sia una delle solite schifezze che provengono dalle cucine o dalle fogne del palazzo?

B: No, è proprio un libro. Mi sembra addirittura di distinguerne la copertina.

A: Che occhio di falco! 

B: In un quadro come questo, l’occhio di falco è il requisito minimo…

A: E come sarebbe ‘sta copertina?

B: Aspetta... c’è un’immagine… Ma quelli siamo noi due! 

A: Noi due!

B: Distinguo tutto perfettamente, come in una visione: riesco a leggere anche il titolo.

A: Sì, figuriamoci… E quale sarebbe?

B: Figura di schiena. L’autore è un certo Luigi Grazioli.

A: Mai sentito nominare. Sicuro  

B: ...o forse lo hanno appena gettato da quella finestra del Cancelliere...

 

(Di sopra, l’occhio bovino dell’uomo in tenuta da cerimonia fissa la bella donna elegantemente vestita col bambino in braccio, ma chissà se la vede davvero…)

 

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