Halloween: morti e zucche

31 Ottobre 2013

Ho un debole per tombe e cimiteri tramandata da un’ossessione familiare per il culto dei morti. Mi piacciono i pipistrelli, topi dalle ali di velluto. E mi piacciono le zucche. Non necessariamente tutto insieme; tant’è che Halloween è festa che non mi entusiasma. Ma basta andare in Inghilterra tra ottobre e novembre e la prospettiva cambia. Sarà per la suggestione dei piccoli cimiteri con le croci celtiche delle pievi campestri, tra i grandi alberi colorati d’autunno e l’erba verdissima per le pioggerelle costanti.

 

Sarà per l’atmosfera gotica di certe sere alla luce fioca dei vetusti vicoli oxoniensi, o della deserta dickensiana Londra di Temple, quando tra la bruma non ti stupiresti di veder brillare il bagliore di una lama sotto il lembo di un mantello. Sarà anche per il proverbiale humour anglosassone che offre sempre il rovescio della medaglia e muta il lugubre in comico. Sarà per tutto questo, e altro ancora, ma qui Halloween ha il suo perché. A cominciare dalle zucche.

 

 

In quest’isola, la verdura è considerata buona da mangiare ma anche elemento decorativo irrinunciabile nella concezione del verde privato e pubblico: cavoli carciofi patate melanzane peperoncini biete, dalle coste gialle e rosse, fanno sfoggio di bellezza e d’esercizio cromatico con le dalie gli astri e i pennacchi delle graminacee. Così le zucche in ottobre e novembre assurgono a ruolo di prim’attrici negli orti e non solo. Se fate attenzione, a Hyde Park o a St. James’s Park vi potrà capitare di vedere avviticchiati su cespugli e arbusti i fusti cavi di piccole zucche ornamentali: lampioncini accesi nell’uggia novembrina a rimpiazzare i gialli e gli arancio di un’estate già lontana. Sin qui poco di strano. Più singolare è tra le salvie — superbamente declinate nelle loro innumerevoli varietà — l’occhieggiare di commestibili zucche. Non pare che gli inglesi se le rubino per il pumpkin cake: fatto ancor più incomprensibile per un italiano.

 

 

Stranezza per stranezza, in un paesetto dello Yorkshire, Todmorden (il nome è tutto un programma), gli abitanti hanno raggiunto l’autosufficienza alimentare con la lodevole iniziativa Incredible edible: si son messi a coltivare ortaggi in tutti i ritagli di terra disponibili, anche nei cimiteri: delle zucche rigogliose sopra una tomba o abbarbicate a una lapide è il marchio più indovinato per la vigilia di Ognissanti, con buona pace del defunto. D’altronde, mio nonno per avere le zucche migliori e più saporite le seminava nel letamaio.

 

Tomba con zucche nel cimitero di Todmorden

 

Ma la sorpresa più appagante è l’allestimento tematico per Halloween del Royal Botanic Gardens a Kew. Tutte le zucche del regno sembrano qui convenute per il party, e fanno mostra di sé in composizioni artistiche e architettoniche. Là dove in primavera era tutto un azzurro di bluebells e camassie, o nella vasca galleggiava la Victoria Amazzonica — regina delle ninfee — ora è il dominio delle cucurbite. Sotto lo sguardo distratto delle oche e degli scoiattoli strisciano padrone delle aiuole, fanno gruppo divise per famiglie o tutte quante insieme, occupano ripiani vasi panieri. Zucche dalle forme e dimensioni più diverse: oblunghe, tonde, ovali, cilindriche, piccole o grandi, lisce o rugose, a pera o a fungo, a violino o a trombone, a stella o a disco, a bottiglia a fiasco o borraccia, sinuose o torte, schiacciate o panzute, ingobbite o cornute, orlate o incappucciate, con berretto o turbante. E in tutte le sfumature del giallo, dell’arancio, del verde, ma anche bianche o glauche, striate o picchiettate. Un vero percorso iniziatico nell’universo cucurbitaceo.

 

 

Certo non se ne trovano di enormi quanto quella che appare a Baldo, l’eroe folenghiano, nella casa della fantasia. Scortato dai compagni, da un matto e dal poeta Merlin Cocai — pseudonimo dell’autore — alla fine del suo viaggio infernale (e del poema maccheronico), Baldo entra in una gigantesca zucca:

 

Che cos’è questa gran mole? È una cocuzza, ovverossia una zucca secca e svuotata all’interno, che quando era ancor tenera e mangiabile sarebbe servita senz’altro per far la minestra a tutto il mondo. In un fianco di questa zucca si spalanca una larga apertura, in luogo della porta, e qui entrano il buffone, Baldo e tutti gli altri. È questa la dimora dei poeti, dei cantori e degli astronomi, i quali inventano, cantano e spiegano i sogni alle genti e hanno riempito i loro libri di fole e di cose vane. […]
Una zucca leggera, vuota all’interno e simile a un sonaglio, nella cavità della quale suonano qua e là i semi risecchi, a giusta ragione è la casa adatta agli astrologhi, ai cantori e ai poeti. (Teofilo Folengo, Baldus, I Millenni Einaudi, p. 877)

 

L’iperbole folenghiana, se non nelle dimensioni, almeno nel numero delle zucche qui riunite, è celebrata anche a Kew. Che, nella sera di Halloween, in ogni popone svuotato aleggi luminoso il fantasma di un poeta o di un astronomo raccontafrottole?

 

 

La festa delle zucche di Kew Gardens prosegue, per chi lo desidera, nell’orangerie adibita a ristoro, con un menu a base di cocuzze. Gustoso, a dire il vero, ma non proprio ricco e vario. In cucina l’orgoglio nazionale italico può rialzare la testa e dettar legge: in crema o in risotto, nei tortelli o nelle lasagne, negli gnocchi o nel pane, in torte dolci o salate, fritta o marinata, candita o insenapata, quanto ai modi di cucinar zucche e all’abbondanza nel servirle non abbiamo rivali, seguaci ortodossi della poetica folenghiana (o rabelaisiana) dell’eccesso.

 

E, mi raccomando, non buttate i semi! Tostati e sparsi sulla crema o sul risotto danno quella nota croccante d’obbligo (secondo il vangelo gastronomico dei programmi culinari, croce e delizia della nostra televisione). Ma, la semplicità in cucina premia sempre: cotta al forno (non lessata, per carità) e con un pizzico di sale che, nella zucca  — come si suol dire  — non guasta, è la morte sua. Lasciatene un pezzetto sul balcone per il topo volante!

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