L’“arte fredda” di Lucio Fontana

4 Giugno 2022

La tecnica è importante per la bravura di un artista? “No!”, risponde Lucio Fontana a una domanda della critica d’arte Carla Lonzi, nel corso di un’intervista registrata con un magnetofono il 10 ottobre 1967. Sollecitando l’artista a parlare del proprio lavoro, Lonzi interpreta l’idea di critica proposta dallo storico dell’arte Roberto Longhi di cui era stata una brillante allieva: “È dunque il senso dell’apertura di rapporto che dà la necessità alla risposta critica” (Proposte per una critica d’arte, in Paragone, a. I, 1950).

Lonzi invita gli artisti da lei intervistati (Accardi, Alviani, Castellani, Consagra, Fabro, Fontana, Kounellis, Nigro, Paolini, Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato, Twombly) ad esprimersi liberamente sull’arte propria e degli altri, mettendo in discussione la funzione istituzionale della critica d’arte, divenuta a suo parere un esercizio di potere “culturale e pratico sull'arte e sugli artisti.” In chiave di critica marxista alla produzione capitalistica di valore, e anche di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne, ristruttura quelle che ritiene essere forme capitalistiche e patriarcali di discorso sull’arte. Nel 1970, l’anno che segue la pubblicazione del libro nato dalla trascrizione e dal montaggio delle interviste (Autoritratto, De Donato Editore, Bari, 1969), abbandona la critica d’arte per dedicarsi completamente al femminismo. 

Fondazione Magnani Rocca, veduta di una sala della collezione permanente / Fondazione Magnani Rocca, veduta della sala con l’intervista audio montata con immagini di repertorio in un video.
Fondazione Magnani Rocca, veduta di una sala della collezione permanente / Fondazione Magnani Rocca, veduta della sala con l’intervista audio montata con immagini di repertorio in un video.

 

La mostra Lucio Fontana. Autoritratto, a cura di Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone e Stefano Roffi (Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, fino al 3 luglio 2022), assegna all’intervista il compito di scandire le stazioni del percorso espositivo con alcuni estratti stampati su pannelli esplicativi. In una sala al piano terra della villa, che ospita la mostra temporanea, si può ascoltare l’intera registrazione audio montata con immagini di repertorio in un video. 

La villa ospita anche una formidabile collezione permanente con opere di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Carpaccio, Dürer, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Goya, Canova, Monet, Renoir, Cézanne, De Chirico, De Pisis, Morandi, Burri. Tra queste opere splende la magnifica Sacra Conversazione. Madonna col Bambino e i Santi Caterina e Domenico col donatore dipinta nel 1513 da Tiziano Vecellio.

Tiziano Vecellio
(Alla parete) Tiziano Vecellio, Sacra Conversazione. Madonna col Bambino e i Santi Caterina e Domenico col donatore, 1513, Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo / (Sul tavolo) Lucio Fontana, Testa di ragazza, 1931, Fondazione Lucio Fontana, Milano.

 

Su un tavolo, ai piedi della Sacra conversazione, che specchia l’ingresso alla mostra temporanea, è posata una scultura di Fontana (Testa di ragazza, 1931). Un richiamo alla conversazione profana con la quale Lonzi sperimenta nuovi strumenti e metodi di critica d’arte? 

Fontana racconta del gesto artistico come “atto di fede”, dei giovani e dell’arte americana. “Pollock è un pasticcione […] Lui voleva uscire dal quadro, però lo ha imbrattato” sbotta, irritato dall’arroganza con la quale l’arte americana degli anni ’60 si è imposta economicamente su quella europea, oscurando la “dimensione al di là del quadro” che artisti come lui, Piero Manzoni e Yves Klein erano riusciti a conquistare. Racconta anche del rapporto tra la tecnica e l’idea: “non mi sono preoccupato di una tecnica perché a me interessava l’idea, e allora ho bucato la tela […] un fatto nuovo in scultura”. Fontana trasforma la tela del pittore in una scultura attraverso l’idea, come dimostra perfettamente l’opera Concetto spaziale, Attesa, esposta nella seconda sala della mostra temporanea.

Lucio Fontana
Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attesa, 1965, Musei Civici Fiorentini - Museo Novecento, Firenze.

 

Sul ruolo svolto dall’idea nell’arte contemporanea chiama a testimone l’“arte fredda” di Duchamp e “di tanta gente che ha fatto [appunto] quell’arte lì”. Nell’opera di Fontana sopravvive tuttavia un aspetto retinico riferito al compito di educare il collezionista: “uno è attratto anche dalla bellezza della materia, dalla forma, così… e allora aiuta, anche, a educare, no?”. Nel suo sposare per convenienza il bello, l’idea di Fontana conserva forse la memoria di quella che attraversa secoli di cultura italiana? 

Lucio Fontana
Lucio Fontana, Concetto spaziale, Ellisse, 1967, Fondazione Lucio Fontana, Milano / Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1967, Collezione Intesa Sanpaolo. 

 

Quale sia il carattere “freddo” o caldo dell’idea, per Fontana bucare e tagliare la tela non è un gesto ma un “fatto mentale”. Una “operazione mentale” direbbe Pino Parini, che ha avuto modo di confrontarsi con Fontana insieme a Silvio Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell'Università di Milano.

Nella conversazione con Lonzi l’interesse di Fontana per la ricerca scientifica non emerge alla pari della sua irritazione per l’arroganza dell’arte americana, del suo autentico interesse per i giovani artisti italiani, delle sue considerazioni sulla tecnica e soprattutto del suo gesto di bucare e tagliare la tela come “atto di fede”. Eppure dalla lettera del 16 Settembre 1959, che Fontana invia a Parini dopo aver visitato la sua mostra di Pittura teoretica, organizzata nel mese di marzo dello stesso anno presso la Galleria del Prisma a Milano, si capisce quanto sia vitale il dibattito che già si poneva fra chi tentava di mediare la ricerca artistica con il pensiero filosofico e la sperimentazione scientifica: “La questione che mi intavoli è interessantissima e valida, naturalmente, basandomi sui quadri che avevo visto alla tua mostra, e che mi erano piaciuti moltissimo, e che perciò non dovrei chiamarli quadri ma concezioni intelligenti di una ricerca valida in arte […] parlare con te mi può essere anche utile perché sai benissimo, che anche io lavoro con grandi incertezze.”

Lucio Fontana
Lucio Fontana, lettera inviata a Pino Parini il 16 Settembre 1959. © Archivio Pino Parini.

 

Con Parini, Ceccato e altri componenti del gruppo di ricerca cibernetica, Fontana intrattiene uno scambio d’idee. Un incontro avvenuto il 7 giugno 1964 nello studio milanese di Fontana è stato documentato dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana. Il documentario La fabbrica della mente (film 16 mm b/n 36’ 30’’) mostra un gruppo di pittori capitanati da Parini mentre esibiscono logoschemi da loro disegnati per dimostrare come la mente umana costruisca le forme attraverso i concetti. 

Lucio Fontana
Lucio Fontana (seduto), il giornalista Gianni Roghi (a sinistra) e Pino Parini (a destra) discutono sui concetti visivi utili per costruire la macchina pensante progettata dal gruppo coordinato da Silvio Ceccato presso il centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell'Università di Milano. L’incontro, documentato dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana (La fabbrica della mente, film 16 mm b/n 36’ 30’’) è avvenuto il 7 giugno 1964. Foto di Evaristo Fusar.

 

Lucidissimo nonostante i suoi 99 anni, Parini mi ha raccontato di come Fontana avesse intuito la complessità di queste “operazioni mentali”, che il gruppo della Scuola Operativa Italiana stava analizzando al fine di individuare i processi che avrebbero potuto guidare Adamo II, una macchina capace di percepire, di categorizzare e di semantizzare l’ambiente circostante, in altri termini una macchina pensante o intelligente.

Per lo studio di questi processi ebbe rilevanza il contributo dell’Accademia delle Scienze di Mosca, che inviò al Centro di Cibernetica la documentazione degli esperimenti di controllo del movimento degli occhi condotti da Alfred Lukianovich Yarbus, sulla base dei quali Parini sviluppò la sua ricerca sui “dinamismi attenzionali”, gli stessi che guidano i percorsi dello sguardo anche nei concetti di Fontana. 

Ugo Mulas
Ugo Mulas, serie di cinque stampe fotografiche, Milano, 1964, Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano / Napoli. Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1959, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.

 

Nei tagli ad operare è la sintesi mentale che porta dal due alla coppia, ricostituendo l’unità. Per ottenere questa sintesi dobbiamo spostare l’attenzione dalla separazione alla simmetria operata dal taglio. In questo Parini vede il superamento di ogni ontologia dualistica. Il gesto di tagliare la tela assume qui un significato nuovo. Quello che nella conversazione con Lonzi sembra avvolto nel mistero (il taglio come “atto di fede”), nella conversazione con Parini si rivela in una luce fredda, quanto l’arte apprezzata da Fontana. “La fine di Dio [mi spiega Parini] è una metafora attraverso la quale Fontana voleva significare che Dio è nell’intelligenza umana, nella capacità della mente di andare alla radice del dualismo ontologico e ideologico passando dal due alla coppia, operazione mentale che guida il gesto del taglio così come il pensiero quando è libero”. 

Nella conversazione con Lonzi, Fontana precisa che i suoi sono gesti “di libertà” e a proposito di chi insiste sul loro aspetto materiale dice: “È lì la stupidaggine, credono che uno fa il gesto informale di bucare… È il pensiero che tu devi documentare, no? Come scrivere un libro, scrivere una filosofia […] è pura filosofia, più che altro”. Sono opere di filosofia, che mediano con la ricerca artistica e la sperimentazione scientifica, anche la tela bucata e graffiata, la lastra di rame lacerata e i bronzi esposti nella penultima sala espositiva.

Lucio Fontana
Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1960-1961, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e rovereto /  Lucio Fontana, Concetto spaziale, Natura, 1959-1960, Fondazione Lucio Fontana, Milano / Lucio Fontana, [Concetto spaziale], New York 10, 1962, Fondazione Lucio fontana, Milano.
Piero Manzoni
Piero Manzoni, Linea m 9,48, 1959, Fondazione Lucio Fontana, Milano.

 

 

Alla narrazione di Lonzi il visitatore della mostra potrà, se vuole, affiancare la testimonianza di Parini, che congela buchi e tagli per conservarli in una collezione ideale di “arte fredda”, insieme a Linea m 9,48 realizzata da Manzoni nel 1959. Esposta nella sala dedicata ai giovani artisti collezionati da Fontana, l’opera chiude altrettanto idealmente il percorso espositivo.

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Lucio Fontana mentre realizza Le Jour (1962) presso la casa del collezionista belga Louis Bogaerts. Il pittore Jef Verheyen assiste all’azione filmata da Bogaerts e trasmessa il 3 dicembre 1962 dalla Radio Télévision Belge Francophone. Foto Filip Tas.