Luciano Canfora politico
Da molto tempo Luciano Canfora affianca alla sua attività di filologo e di storico delle letterature classiche una intensa riflessione critica sulla politica e sulle ideologie (termine che per Canfora non è una parolaccia) contemporanee. Di tale riflessione, il recentissimo Dizionario politico minimo edito da Fazi nell’aprile di quest’anno costituisce un compendio.
Nelle indagini sui due mondi, quello antico – che da ultimo ha ispirato il bellissimo saggio Catilina. Una rivoluzione mancata, Laterza 2023 – e quello attuale vi può essere una sostanziale continuità.
L’idea che lo sguardo sul presente e quello sul passato debbano coesistere nel lavoro dello storico era stata espressa dall’autore in uno dei suoi primi libri “militanti”, L’uso politico dei paradigmi storici (Il Saggiatore, 1982; poi Laterza, 2010). In quell’opera Canfora, dopo aver ragionato sulla “analogia” come chiave interpretativa di fenomeni cronologicamente lontani, concludeva scartando la possibilità di una neutralità dell’indagine storiografica: “lo storico in realtà sussiste in relazione con il potere: o perché suo antagonista o perché suo strumento”.
Che Canfora non appartenga alla seconda di queste categorie è testimoniato dalle numerose pubblicazioni in cui l’autore prende posizione su snodi e questioni di storia e politica contemporanee. Se l’intentio di queste pubblicazioni è sostanzialmente la medesima, i generi di discorso possono di volta in volta variare.
È per esempio una monografia di ampio respiro La democrazia. Storia di una ideologia, Laterza, 2008. In questo libro – di ampia documentazione e affascinante per la sua capacità di decostruire assiomi ritenuti indiscutibili dalla vulgata mediatica – Canfora ripercorre la storia di questa categoria politica dalle sue origini greche fino ad oggi. Attraverso una straordinaria capacità “filologica” di ascoltare i testi, l’autore ne segue le evoluzioni in particolare dal XIX secolo ad oggi, mostrando come alle sue sempre parziali e sempre provvisorie realizzazioni abbia contribuito il grande scontro di classe che ha segnato i secoli recenti, compresa la divisione radicale – ora annullata – in “sistemi” alternativi originata dalla Rivoluzione d’ottobre. Avvicinandosi al millennio presente, Canfora evidenzia alcuni paradossi solo apparenti. Il principale è che mentre la categoria è diventata, in un discorso pubblico sempre più unanime, ciò che distinguerebbe in positivo l’Occidente dagli altri (e non minoritari) “mondi” che costituiscono l’umanità del pianeta, la democrazia è andata perdendo la sua effettiva capacità emancipatoria, svuotata da nuove oligarchie che affermano la propria egemonia in virtù della forza economica, della capacità di organizzare il consenso e di operare su di esso tramite forme di ingegneria istituzionale, in primo luogo i sistemi elettorali, che neutralizzano le ali più radicali dello spettro politico.
Più spesso Canfora ha scelto la forma dei saggi brevi, incisivi e polemici o dei pamphlet militanti. In La metamorfosi, Laterza 2021 ripercorre la trasformazione del PCI (cui Canfora ha aderito negli ultimi anni prima dell’autoscioglimento) in una forza che avrebbe perso di vista i suoi valori originari e i legami con la sua base sociale. In La democrazia dei signori, Laterza 2022, si torna sul tema della democrazia sottoponendo a una polemica stringente la pratica italiana dei governi “irregolari” – tecnici, di unità nazionale, da Ciampi a Draghi – che, incalzati dalla pressione di poteri sovranazionali (Ue, FMI) avrebbero distrutto ciò che resta di quel “fossile” della golden age novecentesca che è lo stato sociale. Da ultimo, è stato il conflitto russo-ucraino a stimolare diversi interventi di Canfora: la partecipazione, insieme a un giornalista politicamente agli antipodi, Francesco Borgonovo, a un istant book (Guerra in Europa. L’Occidente, la Russia e la propaganda, Oaks 2022) in cui si decostruisce la narrazione europea e occidentale sul conflitto, considerata propagandistica; oppure la scrittura della prefazione a un libro di Benjamin Abelow, Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, Fazi 2023, che Canfora giudica «salutare per ‘snebbiare’ i lettori italiani» «prima che [la guerra] divenga un conflitto generalizzato».
L’attività di polemista ha posto Canfora al centro di numerose controversie e ne ha fatto bersaglio di accuse eterogenee: da quella di “stalinismo” (che spinse l’editore tedesco di La democrazia a fermarne la pubblicazione in Germania) a quella recente di “putinismo” per le sue prese di posizione sull’Ucraina e persino di “rossobrunismo”. Quest’ultima particolarmente sorprendente alla luce di ciò che Canfora scrive in Il fascismo non è mai morto, Dedalo, 2024 (e, viene voglia di aggiungere, anche alla luce del rinvio a giudizio innescato da una querela per diffamazione sporta contro Canfora dal Presidente del Consiglio).
Questo preambolo, forse troppo lungo, ci è sembrato utile per inquadrare il Dizionario politico minimo. Nelle circa 200 pagine di questo libro troviamo 50 voci (da “antifascismo” a “Zeitgeist”, passando per “capitalismo”, “democrazia”, “fascismo”, “guerra”, “Marx”, “Mussolini”, “sinistra”, “Russia”, “Unione europea”, ma anche “populismo”, “Palestina”, “patria”, “politicamente corretto” e “riscaldamento globale”) che gli danno l’aspetto, appunto, di un dizionario. In realtà, come spiega nell’Introduzione il curatore Antonio Di Siena (a cui si deve anche un’ampia bibliografia finale, che forse nei riferimenti ai libri di Canfora poteva essere un po’ più estesa), l’opera era nata nelle intenzioni dell’editore come una lunga intervista e solo in corso d’opera la volontà di offrire «un sintetico distillato del “Canfora-pensiero”» ha fatto propendere per la formula del dizionario. Giustamente Di Siena avverte i lettori che non si tratta di un dizionario canonico in quanto «non fornisce definizioni, al contrario – e senza pretesa di esaustività – propone una panoramica sui concetti cercando di sussumerli all’interno di una visione più ampia».
La natura originaria di intervista resta peraltro riconoscibilissima, sia perché ogni voce si struttura a partire da una o più domande del curatore, sia per una certa informalità dell’esposizione. Questo tratto discorsivo fa sì inoltre che – all’opposto di quanto avviene in un dizionario sistematico – il lettore debba talvolta recuperare concetti relativi a singoli snodi concettuali particolarmente importanti attingendo a più voci diverse. Piccola fatica non inutile.
La «visione più ampia» di cui parla Di Siena è quella «lettura alternativa del presente» che caratterizza la riflessione di Canfora e che abbiamo cercato di riassumere richiamando alcuni dei suoi libri. In molti casi i lemmi del Dizionario riassumono e in parte aggiornano le tesi in essi espresse (è il caso delle voci relative a “democrazia”, “propaganda”, “volontà popolare”, “élite”, “elezioni”, concettualmente collegate). In altri casi, altre voci su argomenti in precedenza meno battuti riservano qualche sorpresa e sicuramente qualche provocazione.
È il caso di “populismo” (pp. 151 – 55): «Nessuno dei politici e teorici che adoperano il termine […] con disprezzo, ha mai spiegato che cos’è»; «Posso capire che è comodo mettere in cattiva luce chi si incarica di interessi popolari […] dandogli del populista. Ma è una trovata come un’altra che, anziché contrapporre una diversa soluzione ai problemi, si limita a spregiare chi li solleva».
Ma è anche il caso di “politicamente corretto” (pp. 147-150), occasione di una corrosiva ironia sulla cancel culture e la rimozione di libri e monumenti giudicati offensivi per minoranze svantaggiate: «Se il principio è questo allora tutti i manuali di storia americana vanno abrogati […] Finirà che l’unico argomento di storia sarà la biografia di Joe Biden, quindi sarebbe un corso di studi piuttosto facile». L’obiezione rivolta alle sinistre “liberal” al di qua e al di là dell’Atlantico è quella di avere sostituito totalmente la lotta per i diritti sociali in nome di quelli civili («Poi ci sono i diritti civili, gli animalisti, il partito degli orsi. Ma è coreografia», p. 39). Non è invece “coreografia”, per Canfora, il fatto che la storia – e sul punto Canfora consente con Benedetto Croce – sia un conflitto perenne che bisogna avere il coraggio di affrontare (p. 103, p, 148).
L’idea del conflitto riporta inevitabilmente a Marx, alla cui attualità è dedicata la voce “marxismo”. Per Canfora di Marx sarebbe irrimediabilmente superata la dimensione utopistica: la fine del lavoro, dello stato e della storia. Ciò che resterebbe valido di quella elaborazione ([che] «non poteva di certo trascendere la realtà del suo tempo») è avere affermato il concetto di storicità del capitalismo. «Alcuni storici credono che il capitalismo sia un fenomeno eterno […] un sistema che dura da millenni e che durerà usque ad finem et ultra. Anche nel paradiso terrestre. Altri invece pensano che sia un prodotto della storia e che, come tutte le cose, a un certo punto finirà o si trasformerà fino a diventare altro» (p. 21).
Senza certezze sui modi e sugli attori che possano produrre questa trasformazione, Canfora afferma almeno questa certezza.