Iris Apfel, la sciura della moda
Nel quadro della moda “agée” la questione cruciale sta nella categoria nascondere/mostrare, o, meglio ancora, nella mimesi dei segni del tempo o nell’imitazione delle tendenze giovanili, elementi che pongono il problema dell’eliminazione totale delle differenze vs. la rappresentazione di identità specifiche. L’età non va considerata solo una componente biologica, ma anche un aspetto identitario correlato ai consumi e alle forme di vita di appartenenza. La retorica ageista dei discorsi dei sistemi moda e beauty non solo favorisce la percezione errata della silver age da parte di altre fasce d’età, ma influenza anche l’autostima di coloro che vi appartengono, forzandole a mascherare le tracce dei loro cambiamenti biologici con trucco, abbigliamento, chirurgia estetica o pratiche “giovaniliste”.
O almeno ciò accade di consuetudine, però non nel caso di Iris Apfel, la donna che è diventata un’icona di stile raggiunta la grande età. Scomparsa il primo marzo 2024 nella sua casa di Palm Beach in Florida, locus amoenus della silver age americana, Apfel è celebre per aver espresso con determinazione il suo essere alla moda con la sovrabbondanza di ornamenti, contrastando la narrazione ageista dominante della dolce vecchina isolata e dimessa.
Nata a New York il 29 agosto 1921, dopo aver studiato storia dell’arte Apfel si afferma con suo marito Carl – anche lui scomparso centenario – nel commercio di tessuti rari, un unicum sul mercato americano che li rende i contractor abituali della Casa Bianca, incaricati dei consueti rinnovi coincidenti con il cambio di presidenza. Anche se la coppia si radica in un circolo elitario, Apfel non occupa ancora un ruolo significativo nel sistema della moda. La notorietà comincia con la mostra del 2005 “Rara Avis: Selections From the Iris Apfel Collection” in cui racconta la sua peculiare visione di stile con 82 total look e 300 accessori. In effetti, Iris è il cigno nero della moda, che declina con una grande varietà di colori e oggetti, proprio come suggerisce l’etimologia del suo nome. Qualche anno più tardi, dopo la comparsa nel 2013 in uno spot automobilistico, inizia a sedere sempre più di frequente nel front row delle sfilate, per poi diventare modella con l’agenzia IMG a 97 anni.
Se il sistema moda sembra avere come unico scopo la realizzazione dell’utopia dell’eterna giovinezza, Apfel combatte per il “White Pride” – si veda il grey pride di Le Monde di novembre ’23 – giocando sul massimo grado di visibilità attraverso il trionfo barocco del superaccessoriato, del contrasto tra cromie e materie, della moltiplicazione degli oggetti e della sfacciataggine di gioielli sovradimensionati. L’orgoglio si manifesta con prepotenza e acquisisce lo spessore di un’eleganza saggia e consapevole, stabile e non più capricciosa e mutevole come la moda stagionale, quella del sempre uguale che si tratti di boutique o dei tentacolari templi della fast fashion.
È una moda dell’essere, non dell’apparire. Apfel precorre l’eldercore, caduta nel 2023, anno della glamourizzazione della vecchiaia con la tendenza del vestirsi da anziani. Attenzione, Apfel corrisponde al contrario dell’eldercore perché rifiuta la caratterizzazione del “quietamente alla moda” nonostante condivida con le persone della sua generazione l’essere naturalmente elegante e quel pizzico di tracotanza dovuto all’essere una spanna sopra l’alterità per quanto concerne lo stile di vita e il potere socioeconomico.
È il paradigma esemplare e aumentato del ruolo tematico della “sciura”, un mito d’oggi della milanesità agée e agiata, sempre più protagonista nei discorsi moda e beauty. Il trionfo dell’orgoglio delle signore over 60 di Milano si raggiunge con l’account corale Instagram “Sciuraglam” seguito da 305 mila follower che apprezzano istantanee di vita e stile.
Apfel e le sciure de-stigmatizzano gli elementi patologici della loro età e sono affascinanti nel loro semplice “sembrar vivere” – come direbbe Barthes –, nello stile inconfondibile marcato dalle sovrapposizioni di citazioni, colori e pattern, che rifugge l’understatement per la gioiosa ostentazione del possesso e del poter spendere. Il loro vestire – come evidenziato in apertura – è barocco, eccessivo e ornato. Si euforizza una diversa dimensione di tempo, quello durativo, a disposizione, che manca ai più giovani perché parte integrante della forza lavoro.
L’ageismo al femminile, spesso, procede su un binario parallelo alla discriminazione di genere perché un uomo può essere vecchio e saggio, mentre una donna è al massimo megera, strega o virago. Negli ultimi tempi, la fragilità di Apfel era evidente, però non rimandava a vulnerabilità e solitudine, piuttosto, per assurdo, alla tematizzazione dell'invecchiamento felice come opportunità di rinnovamento. Sicuramente Apfel è stata in grado di gestire al meglio l’ineluttabilità del processo biologico. Qui entra in gioco principio neoliberista della responsabilità individuale di “invecchiare bene”, riorganizzando in modo corretto la propria immagine e curando con competenza esperta il corpo per poter oltrepassare il secolo.
Anche se con problemi di mobilità, il fare di Apfel è stato socializzato e glamour fino all’ultimo giorno o, meglio, fino all’ultimo post su Instagram – account seguito da 3M di persone – pubblicato 2 giorni prima della sua dipartita per festeggiare 102 anni e mezzo. Scrollando il feed è un raro post che la raffigura in bianco e nero, senza mostrare i suoi outfit colorati, segno che il tempo stava già per essere declinato al passato.
Apfel non ha mai lottato contro i segni del tempo, le rughe, anzi a ogni nuovo solco sembrava aggiungere un orpello, un bracciale sui suoi sottili avambracci. La vecchiaia è stata amica di Apfel, diventata famosa dopo aver superato l’aurea mediocritas-mezza età, contrariamente a quanto succede di solito. Apfel ha accolto la vecchiaia lavorando sui suoi tratti riconoscibili e sui segni distintivi, gli elementi che differenziano le persone coraggiose dalla massa amorfa. Non a caso Jurij Lotman, analizzando la caccia alle streghe, contrappone accusato e accusatore, streghe e massa di medio livello, a partire dalle qualità plastiche: le prime con il trionfo del marcato – sul volto e sugli abiti – i secondi, in quanto amorfi, senza alcuna caratteristica identificativa. L’ageismo al femminile associa l’invecchiamento alla paura poiché viene discorsivizzato con l’azione esterna di enti alieni, altri – radicali liberi, stress ossidativo – che marcano vistosamente una persona fino a quasi cambiarne i connotati, a farla diventare una strega.
A tale proposito il pensiero va a una copertina di Vogue Italia pubblicata nell’anno dell’eldercore, il 2023, dove Isabella Rossellini viene titolata “Bella così” perché ha chiesto di non ritoccare le rughe nelle foto. Così è un avverbio riferito all’interpretare o al qualificare “nel modo che si vede”, oppure, in relazione all'aspetto di qualcosa, o con significato quantitativo, diminutivo e maggiorativo al contempo. Tra le accezioni di “così” troviamo sia il valore concessivo che limitativo, e, per meglio interpretare la sua funzione “perentoria”, dobbiamo ricavare il suo uso specifico dal contesto: Rossellini è bella nonostante l'età, è bella pure con le rughe, è bella perché si piace, perché lo dice Vogue, e, infine, è bella e basta.
Non credo che Apfel si sia mai posta il problema delle rughe, era più preoccupata di lasciare una traccia marcata del suo passaggio in questo mondo, un’orma personalissima e durevole, vista l'effimerità della bellezza. Apfel ha raggiunto l’eternità con un sapiente uso di volumi esagerati e materie strabordanti, figure di un’estetica del paradosso capace di sincretizzare più spiriti del tempo in un contegno futuristico. La persona pubblica di Apfel non ha mai perseguito l’illusione del senza tempo perché ha saputo far confluire più tempi insieme in un’ottica di magnificazione.
In copertina: Iris Apfel © echominesstudio.